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lunedì 20 marzo 2023

Mirto (Myrtus communis) - Coltivazione ed Utilizzo dei Suoi Frutti

Il Mirto (o Mortella) è, insieme al Corbezzolo, uno dei simboli della Sardegna, nonché una delle specie più rappresentative e tipiche della macchia Mediterranea. Buona parte di voi conoscerà il Mirto per via del famoso liquore fatto con le sue bacche, tuttavia questo arbusto si presta molto anche ad essere coltivato come pianta ornamentale, per via del bel fogliame persistente e della splendida fioritura. 

Origine, Storia, Usi ed Inquadramento Botanico :

Myrtus communis
Il Mirto (Myrtus communis) appartiene alla grande famiglia delle Myrtaceae,  al cui interno sono presenti diverse centinaia di specie, come ad esempio l'Eucalipto. Il genere (Myrtus) è invece piccolo ed è composto da due sole specieMyrtus nivelii, nativo delle zone montagnose tra Algeria e Ciad ed il più diffuso Myrtus communis, nativo delle regioni che si affacciano sul mar Mediterraneo e molto presente anche in Italia, sia allo stato selvatico, sia in coltivazione.  

La distribuzione attuale si spinge ad occidente sino alle Isole Canarie, mentre ad oriente sino all'Asia centrale. In Italia è presente nelle zone costiere, dal livello del mare sino ad un'altitudine di circa 600 metri (1970 ft) o poco oltre ed ha una maggiore diffusione sul versante tirrenico (ad Ovest dell'Appennino) e, in regioni come la Sardegna, colonizza ettari ed ettari di territorio della Macchia Mediterranea Bassa.

Le foglie del Mirto sono molto aromatiche e, solo accartocciandole, emanano un odore inteso; da esse si estrae un Olio essenziale noto come Mirtolo (o Canfora di Mirto) ed utilizzato in erboristeria come antisettico, balsamico e lassativo, ma anche in profumeria come deodorante o per fare saponi. Le foglie essiccate (ma anche le bacche) possono esser utilizzate anche per aromatizzare piatti a base di carne o di pesce. Si può fare anche una confettura con le bacche di Mirto, spesso abbinata alla degustazione di formaggi. Ovviamente dalla macerazione alcolica delle bacche si può ottenere il Liquore di Mirto, noto in tutto il mondo come digestivo.

Fioritura Myrtus communis
Come è Fatto il Mirto ?

Risveglio Vegetativo
Myrtus communis è una specie sempreverde che si sviluppa sotto forma di arbusto molto ramificato e, tendenzialmente, multi-tronco. La chioma è folta e tende ad avere una forma arrotondata, in cui larghezza ed altezza raggiungono, senza interventi di potatura, più o meno le stesse dimensioni. L'altezza (e la larghezza) dopo una ventina di anni è di circa 3 metri (10 ft) o poco più, tuttavia con opportune potature si possono tenere Mirti belli e produttivi alti non più di 1 metro (3.3 ft). La forma della chioma, la tolleranza a severe potature, così come la presenza di rami anche nella parte bassa della pianta rende il Mirto un'ottima specie sia come pianta da bordura, sia per la realizzazione di siepi sempreverdi

Le foglie, dotate di un corto picciolo, sono opposte, di piccole dimensioni, a forma lanceolata ed acuminata, con la pagina superiore dall'aspetto traslucido. 

I fiori sono solitari, spuntano all'ascella della foglia, hanno un diametro medio di circa 3 cm (1 inch), sono bianchi ed hanno, come tipico delle Mirtacee, un numero elevatissimo di stami (circa 40-50) e cinque petali. Nel complesso i fiori del Mirto possono ricordare i fiori della Guava. La fioritura è molto copiosa ed avviene, di norma, nella tarda primavera/inizio estate (Maggio-Luglio); tuttavia, soprattutto nelle regioni del Sud Italia, non è raro che vi sia anche una seconda fioritura nel periodo che va dalla tarda estate (Agosto) all'autunno

Boccioli
A seguito dell'impollinazione (tipicamente ad opera delle Api) vi è l'allegagione e la produzione di frutti. Questi ultimi sono delle bacche ellissoidali di piccole dimensioni, hanno un rivestimento ceroso e sono di color blu-nero-violaceo, in rari esemplari i frutti sono addirittura bianchi. La maturazione dei frutti avviene dal tardo autunno (Novembre) in poi ed i frutti permangono sulla pianta a lungo senza marcire, talvolta addirittura sino alla primavera successivaMyrtus communis è una specie autofertile, dunque vi sarà fruttificazione anche in presenza di un'unica pianta. 

Le radici del Mirto Comune sono possenti e, una volta sviluppatesi, sostenteranno la pianta anche durante lunghi periodi di carenza idrica. 

Tra le varietà di Mirto vorrei citare il Myrtus communis var. Tarentina, un clone che si differenzia per una maggior tolleranza al freddo, oltre ad avere un portamento più compatto e foglie più piccole, numerose e coriacee rispetto al "classico" Mirto. Essendo una varietà "nana", gli internodi dei rami sono più ravvicinati, dando così alla chioma un aspetto più "denso". Sebbene a prima vista possano sembrare simili, ad un occhio attento basterà un attimo per distinguere il Mirto Tarantino dal classico Mirto.

Fiore

Foglie

Come Crescere il Mirto ? - Coltivazione, Clima, Potature, Riproduzione

Come visto in precedenza il Mirto è una specie tipica della macchia mediterranea ed è, di conseguenza, adattato al clima costiero, alla salsedine nell'aria ed all'aridità.

M. communis è un arbusto che gradisce esposizioni soleggiate, le quali favoriranno uno sviluppo ottimale ed un'abbondante fioritura/fruttificazione; tuttavia può crescere anche a mezz'ombra, mantenendo un portamento elegante ed una fioritura accettabile. Cosa certa è che non soffre l'eccessiva insolazione e, anche se piantato nel mezzo del vostro giardino con il Sole dall'alba al tramonto, non avrà mai un aspetto floscio e sofferente.

Ottima è anche la resistenza alla siccità, in natura infatti sopravvive ad estati calde e torride, in cui magari non vede una goccia d'acqua per tre mesi. Un Mirto acclimatato, dunque, non richiederà innaffiature e, se vivete in zone molto calde del Sud Italia, al limite smetterà di crescere durante i mesi più caldi. Può essere utile bagnare il Mirto (solo in estate) durante il primo/secondo anno dall'impianto, giusto il tempo affinché riesca a sviluppare radici che gli permettano di resistere all'assenza di piogge. Piante irrigate crescono però più velocemente.

Myrtus communis var. Tarentina
Il fatto che sia una pianta della macchia mediterranea (per di più "bassa") non vi tragga in inganno, il Mirto ha una discreta resistenza al freddo e con opportuni accorgimenti può esser coltivato con successo anche in buona parte del Nord Italia, Pianura Padana compresa. In linea di massima il Mirto resiste a temperature minime nell'ordine dei -10° C (14° F), probabilmente anche inferiori con qualche danno alle foglie. Fortunatamente, come molte altre specie di Mirtacee, anche il Mirto può sopportare piuttosto bene la defogliazione e, anche in seguito a gelo prolungato, i rami non seccano ed in primavera riformeranno nuove foglie e spesso anche fiori. In zone fredde dove in inverno il gelo è una costante, le foglie del Mirto (soprattutto quelle più giovani) possono assumere tonalità rossastre, senza che questo comprometta più di tanto la salute della pianta. 

Il Mirto preferisce terreni a pH neutro o sub-acido, ma è molto adattabile e prospera anche su suoli sassosi e poveri di sostanza organica. In coltivazione la concimazione risulta per lo più superflua e tranquillamente evitabile. Gli unici suoli da evitare sono quelli in cui si creino ristagni idrici importanti e duraturi, che potrebbero far marcire le radici (come facile immaginare, una pianta mediterranea non ama avere le radici zuppe per lungo tempo).

Fioritura

Date le piccole dimensioni, il Mirto si presta bene anche alla coltivazione in vaso, avendo cura di usare di anno in anno vasi via via di maggior diametro, aggiungendo nuovo terriccio ogni inizio di stagione. Ovviamente, dopo 10 anni il vaso potrebbe diventare limitante, ma se è di grosse dimensioni supporterà ugualmente lo sviluppo, tuttalpiù rallentandone la crescita annua. 

Questo arbusto è per sua natura rustico e resistente ai principali patogeni, anche se talvolta possono verificarsi attacchi di Mal Bianco alle foglie. L'unico fungo che può arrecare gravi danni al Mirto è il Cylindrocladium scoparium.

Il Mirto riesce a sopportare potature molto energiche, ributtando vigorosamente; non a caso si presta anche per la creazione di una siepe sempreverde. La potatura, se lo si coltiva a siepe, ha lo scopo di conferire un aspetto regolare, con lati ben delineati, mentre se lo si coltiva come arbusto isolato (o di bordura) non è assolutamente necessaria e la potatura ha come unico compito quello di ridurre le dimensioni della pianta. Il fatto che regga potature drastiche permette di mantenere il Mirto delle dimensioni desiderate (anche sotto il metro di altezza), senza che ciò ne comprometta la fioritura, né tantomeno lo sviluppo. Anche in caso di potature malfatte il Mirto fiorirà e produrrà le sue preziose bacche, questo perché i boccioli fiorali si sviluppano all'apice dei rami della nuova vegetazione e non sul legno dell'anno precedente

Sebbene si possa riprodurre tramite seme, di norma il Mirto non si propaga per semina, anche perché la germinazione ed il successivo sviluppo sono lenti e ci vorrà qualche anno per aver delle belle pianticelle pronte per essere piantate in piena terra nel vostro giardino. Il metodo di moltiplicazione più veloce ed usato è senza dubbio la Talea; essa deve esser effettuata sul finir dell'inverno, prima della ripresa vegetativa. Bisognerà prendere uno o più rametti di giovane età, rimuovere quasi tutte le foglie (al limite lasciandone 3-4 all'apice) ed interrare i rametti in vasi contenenti terriccio sub-acido e sabbia; dopodiché dovrete collocare i vasi in zone luminose, ma senza Sole diretto e mantenere una certa umidità del terreno. Quando le temperature primaverili permetteranno la ripresa vegetativa, se avete fatto tutto correttamente, i vostri rami inizieranno a radicare e, nel giro di un paio di mesi, ci sarà la nuova vegetazione e le nuove radici. Continuate a curare la pianta per tutta la stagione e, la primavera successiva, il vostro "nuovo" Mirto sarà pronto per esser trapiantato o rinvasato. 

Frutti di Mirto

Nuova Vegetazione Myrtus communis

mercoledì 19 settembre 2018

Pianta di Ricino (Ricinus communis) - Coltivazione e Diffusione

Chi ha ormai una certa età si ricorderà di certo la minaccia : "Se non fai il bravo ti faccio mangiare un bel cucchiaio di Olio di Ricino".
Quest'olio di origine vegetale, in passato, era utilizzato al naturale come potente lassativo, ma il suo sapore molto forte induceva spesso vomito.

Oggigiorno solo l'1% della produzione viene impiegato in ambito farmacologico, per la produzione di medicinali contro la stitichezza.
Il restante è utilizzato come lubrificante (per motori etc.), fluido per freni od in campo manifatturiero, per produrre saponi, coloranti e profumi.

Ricinus communis

Da Quale Pianta si Ricava l'Olio di Ricino ? - Storia e Diffusione

Quest'olio poco infiammabile ad alta viscosità si ottiene dalla spremitura dei semi del Ricino (Ricinus communis o Ricinus vulgaris), una pianta officinale di origine tropicale, nativa dell'Africa, ma introdotta in Europa già ai tempi dei Romani.
A livello mondiale, il maggior produttore di Olio di Ricino è l'India, tuttavia il Ricino può essere coltivato anche in zone subtropicali e persino temperate calde, non a caso cresce selvatico in molte zone costiere del Centro-Sud Italia.

In Calabria, Sicilia e Sardegna è naturalizzato e si sviluppa sui cigli delle strade, ai margini dei boschi e nei luoghi incolti, diventando quasi infestante.
In Italia, nella maggior parte dei casi, le piante di Ricino non vengono curate e sono abbandonate al loro destino.


Com'è Fatto l'Albero del Ricino ? - Botanica e Fisiologia 

Il genere Ricinus, che tradotto dal latino significa "zecca" (per via della somiglianza tra i frutti ed il noto invertebrato), appartiene alla famiglia delle Euphorbiaceae ed è formato da un'unica specie, Ricinus communis.
Il Ricino è una pianta esotica che, in Italia, si sviluppa sotto forma di piccolo arbusto, solitamente non più alto di 3 metri (10 ft); mentre nei luoghi d'origine, può addirittura superare i 10 metri (33 ft).
Questa pianta ha inizialmente uno sviluppo erbaceo, ma con gli anni tende a lignificare.

Legno e Gemma RicinoIl tronco ed i rami crescono eretti, con internodi ben visibili, che ricordano molto quelli del Fico (Ficus carica). La corteccia è di color verde nei giovani rami, mentre si inscurisce con l'età, evidenziando anche vistose striature longitudinali.
Le foglie sono alterne, grandi e multilobate, assai simili a quelle della Papaya. Esse son di color verde chiaro o rossiccio/viola, a seconda dell'età, hanno una profonda nervatura e sono dotate di un lungo picciolo.
L'apparato radicale inizialmente si sviluppa sotto forma di fittone che, col tempo, tende a ramificarsi lateralmente, fin poco sotto il suolo.

Ricinus communis è una specie monoica, ovvero un'unica pianta produce due distinti  tipi di fiori (maschili o femminili).
Il Ricino produce un'infiorescenza a forma di pannocchia, che contiene i fiori di entrambi i sessi. I fiori maschili, di color giallo chiaro, sono collocati nella parte inferiore dell'infiorescenza, mentre i fiori femminili, di color rossastro, sono presenti nella parte alta.
Il periodo di fioritura varia a seconda del clima, ma in Italia avviene generalmente nella primavera inoltrata.

I frutti, che maturano in maniera scalare, sono delle capsule spinose che possono ricordare vagamente i frutti del Rambutan. Essi sono verdi da immaturi, mentre diventano bruno-rossastri ad avvenuta maturazione.
All'interno di ogni frutto sono contenuti 3 semi lucenti, della forma (e dimensione) di un fagiolo.

Foglie Ricinus communis

Fiori Ricino

Come Coltivare la Pianta di Ricino ? - Crescita, Esposizione e Potatura

Il Ricino è una pianta molto rustica, resistente ai principali patogeni e tollerante a diversi tipi di terreno. In Italia raramente è coltivata da privati, ma se la si volesse crescere come pianta ornamentale bisogna sapere in quale clima è possibile farlo.

Ricinus vulgaris ha una scarsa resistenza al freddo. In ambienti tropicali, dove le temperature sono alte durante tutto l'anno, il Ricino è una pianta perenne, che lignifica e riesce a diventare un vero e proprio albero.
Nelle zone fredde del Nord Italia si può coltivare esclusivamente come pianta annuale, mentre nelle aree più miti, in cui si verificano solo lievi gelate, poche volte l'anno, il Ricino perde la parte aerea per il freddo ma in primavera, dalle gemme situate sulle radici, spunterà la nuova vegetazione, che riformerà l'intera chioma. 
Le foglie rimangono tutto l'anno solo nelle zone più calde del Sud Italia, dove le temperature non scendono mai sotto gli 0° C (32° F).

Il terreno ideale è sabbioso, drenante, ricco di sostanza organica ed azoto; inoltre la specie tollera una discreta salinità del suolo.
Il Ricino ha una buona resistenza alla siccità, tuttavia in zone in cui vi siano meno di 600 mm di pioggia annui, in assenza di irrigazioni, la produzione potrebbe essere scarsa.

Le potature possono esser anche drastiche (laddove non ci pensi il gelo ad azzerare la chioma), mentre le concimazioni sono a base di letame. 
La specie cresce bene sia con esposizioni in pieno sole, che a mezz'ombra e si riproduce agevolmente per semina, avendo cura di innaffiare ed eliminando le erbe infestanti durante i primi stadi di sviluppo.

N.B. 

La Ricina, contenuta nei semi da cui si ricava quest'Olio, è tossica e se ingerita può diventare un potente veleno per l'organismo. Nel processo di lavorazione che porta alla formazione dell'Olio di Ricino, viene rimossa ed impiegata per la produzione di concimi.

Ricino alle Canarie

Chioma Ricinus communis

venerdì 29 giugno 2018

Come Crescere il Ginkgo Biloba (Albero dei Ventagli) - Coltivazione e Cure

Ai più, il nome scientifico Ginkgo biloba non dirà assolutamente nulla; eppure questa pianta è più diffusa di quanto si pensi e, guardando le prossime fotografie, sono certo che la riconoscerete.

Nell'articolo vorrei fornire qualche informazione su come coltivare la pianta di Ginkgo biloba, o semplicemente Ginko (italianizzato Ginco), illustrando le principali caratteristiche della specie (per una guida per la scelta varietale clicca qui).

Ginkgo Biloba
Origine, Storia e Curiosità :

Ginkgo biloba, talvolta chiamato anche Albero di Capelvenere, è una specie vegetale dal fascino particolare e la si può tranquillamente considerare un fossile vivente, risalente a circa 260 milioni di anni fa.
Il Ginko, per via del bel fogliame e del portamento elegante, viene coltivato a scopo ornamentale in parchi e grossi giardini, ma è utilizzato anche in erboristeria e per usi terapeutici (ad es. malattia di Alzheimer).
Ma andiamo con ordine e cerchiamo di ripercorrere la storia di questa pianta sin dal principio. 

Siamo nel Permiano (l'epoca antecedente ai Dinosauri), sulla Terra non si sono ancora evolute le Piante a Fiore (Angiosperme) e le foreste sono dominate da Felci e da imponenti Conifere. 
Ed ecco, proprio qui fa la comparsa la nostra Ginkgo biloba, unica rappresentante vivente della famiglia delle Ginkgoaceae che, ai tempi, contava almeno 10 generi e decine di specie.

Tronco Ginkgo bilobaG. biloba è una specie nativa della Cina, ma all'epoca ebbe una notevole espansione, che le permise di colonizzare un po' tutta la Laurasia, l'attuale emisfero Boreale. 
La blanda pressione selettiva le consentì di prosperare per millenni, senza attuare grossi adattamenti; in altre parole mutò poco e rimase molto simile a com'era in partenza.
Quando comparvero le Angiosperme (circa 150 milioni di anni fa), le specie della famiglia delle Ginkgoaceae iniziarono il loro declino. Esse, infatti, non potevano competere con le Piante a Fiore, in grado di evolvere più velocemente e di colonizzare ogni habitat. Ben presto tutte le Ginkgoaceae  si estinsero, ad eccezione della G. biloba, la quale ebbe comunque una notevole riduzione del proprio areale di crescita, sino a confinarsi in angusti appezzamenti di terra, nelle regioni della Cina centro-orientale (es. Zhejiang), dove, a tutt'oggi, se ne trovano esemplari selvatici.
In Italia il primo esemplare venne piantato intorno a metà '700, nell'orto Botanico di Padova, dove, dopo quasi 300 anni, è ancora vivo ed in salute.

Il Ginkgo è la pianta simbolo di Tokyo, in Giappone, e ben sei esemplari tuttora presenti sopravvissero alla bomba atomica che,  durante la seconda guerra mondiale, disintegrò Hiroshima.


Botanica e Fisiologia del Ginkgo biloba :

Il Gingo è una specie arborea decidua che si sviluppa sotto forma di albero ad alto fusto, potendo raggiungere un'altezza massima di circa 40 m (131 ft).
Nella fase giovanile il portamento è tipicamente piramidale e slanciato, mentre dopo molti anni la chioma tende ad infittirsi ed allargarsi anche nella parte superiore, conferendo così una forma più ovale.
Come intuibile dall'introduzione, G. biloba, pur non avendo foglie aghiformi, è una Gimnosperma al pari di tutte le conifere, come Larici, Tassi, Tuie ed Abeti.
Il tronco cresce singolo ed è ricoperto da una corteccia che inizialmente è liscia e di color argenteo, ma invecchiando diventa  grigio-marrone e fessurata, ricordando vagamente quella del Pino Marittimo.

Le foglie sono a forma di ventaglio (da qui il nome "Albero dei Ventagli"), bi-lobate, talvolta multi-lobate. Esse sono di color verde chiaro e dotate di un lungo picciolo, mentre in autunno, prima di cadere, si tingono di giallo.
Sebbene non durino a lungo, le foglie di Ginkgo assumono colori autunnali in maniera abbastanza sincrona, rendendo la specie particolarmente ornamentale durante questa stagione.

Anche la struttura interna è molto diversa da quella tipica delle foglie di piante più evolute. Nelle foglie di Limone (Citrus limon), così come nelle maggior parte delle altre angiosperme, la nervatura fogliare è un intrecciato "labirinto" di vene e capillari via via più piccoli, disposti in maniera concentrica e comunicanti tra loro. Se per qualche ragione una vena principale subisse un danno, la linfa potrebbe bypassare agilmente il "blocco".
Le foglie di Ginkgo biloba, invece, hanno vasi linfatici più primitivi, uniformi, rettilinei e non comunicanti.
Nei video che seguono sono stati fatti due piccoli fori nella parte basale delle foglie di Limone (Video 1) e di Ginkgo (Video 2), successivamente la linfa fu marcata con un fluoroforo per poterne apprezzare il percorso tramite la fluorescenza. L'interruzione artificiale (buco) è rappresentata in verde, le scie gialle indicano il percorso della linfa.
Come si può apprezzare, nel Limone la fluorescenza (linfa = nutrienti) si distribuisce uniformemente su tutta la superficie della foglia, mentre nel Ginkgo è assente in corrispondenza della proiezione del danno.



Come facile intuire, le foglie del Ginkgo sono meno evolute ed inadatte a trasportare nutrienti in maniera efficiente dopo un danneggiamento.

Le radici, un po' come in tutte la piante di grosse dimensioni, sono voluminose e profonde, ma meno espanse ed invasive rispetto a quelle di altre piante della stessa taglia.

G. biloba è una specie dioica, ovvero a sessi separati, esistono infatti piante maschili e femminili, che portano i corrispettivi organi sessuali.
Essendo una Gimnosperma, questa pianta non possiede veri e propri fiori, con petali, ovario, stigma etc, ma delle strutture riproduttive analoghe.
I coni maschili sono disposti a raggiera attorno alla gemma da cui sputano e producono polline volatile. Le piante femminili non hanno Coni, ma delle strutture che producono un paio di ovuli che, se impollinati, daranno origine ai semi, i quali sono commestibili (dopo tostatura).
La fioritura è tipicamente primaverile e l'impollinazione è anemofila (ad opera del vento).

Foglie Ginkgo bilobaI semi sono ricoperti dal sarcotesta, un involucro carnoso inizialmente verde, che vira a giallo ad avvenuta maturazione. Questa struttura ricorda, sia per forma che per colore, le Albicocche, tuttavia non può essere definito frutto, in quanto non deriva dall'ingrossamento dell'ovario.
Questo "finto" frutto contiene alte quantità di Acido butirrico, che si ottiene tramite fermentazione degli zuccheri, ma è presente anche nel vomito. Non sorprende quindi che i "frutti" di Ginkgo abbiano un odore sgradevole, anzi emanino proprio puzza; per questo motivo è consigliabile la piantagione di esemplari maschi.

Foglie Gialle Ginkgo biloba

Come Coltivare il Ginkgo biloba ? - Clima, Esposizione, Potature

Dai ritrovamenti fossili si ritiene che la specie prosperasse in "ambienti disturbati", laddove qualche calamità (es. incendi, alluvioni) avesse ridotto drasticamente le specie presenti.
G. biloba è molto adattabile ed, in Italia, può vivere praticamente ovunque, resistendo a geli molto intesi, con temperature inferiori ai -30° C (-22° F), ma anche al caldo soffocante.

Questo albero è rustico, non si ammala e difficilmente viene attaccato da parassiti o funghi patogeni; inoltre è tollerante all'inquinamento atmosferico ed, anzi, è in grado di accumulare gli inquinanti, purificando dallo smog l'aria delle città.
Nei primi anni dall'impianto la crescita potrà essere lenta, diventando moderata con l'avanzare dell'età, tuttavia ricordatevi che diventa una pianta alta e grossa e deve essere piantata solo dove vi è spazio per il suo sviluppo.
La varietà "Autumn Gold" è nota per una maggior velocità di crescita iniziale, ideale per chi desiderasse una pianta da ombra, senza aspettare tempi biblici.

Colori Autunnali Ginkgo bilobaGinkgo biloba è una specie eliofila, che vuole un'esposizione in pieno Sole, sviluppandosi in maniera stentata in zone ombrose.
A parte i terreni altamente asfittici, questa pianta prospera su tutti i tipi di terreno, senza grosse differenze nella velocità di crescita; pertanto le concimazioni (per piante NON in vaso) sono generalmente superflue.

Nei primi anni dalla piantumazione si dovrà provvedere con irrigazioni estive, mentre da adulta la specie mostra una buona resistenza alla siccità. Il Ginkgo ha uno sviluppo armonico, che non richiede potature di formazione o di mantenimento, l'ideale è lasciarla crescere libera, senza potare, anche perché soffre le eccessive potature più di altre piante.

Vuoi perché originaria dell'estremo oriente, vuoi per la crescita lenta o perché si sviluppa decentemente anche in vaso, il Ginkgo è una pianta molto utilizzata come Bonsai.

La Pianta del Ginkgo è ideale per esser piantata nei parchi pubblici e lungo le vie delle città, non solo per l'azione "anti-smog" e per il bell'aspetto, ma anche per la longevità. Essa può infatti vivere fino ad un'età di 1000 anni e se ne conoscono esemplari di oltre 2000 anni, rendendo la specie un'ottima candidata per ottenere alberi "monumentali".

Frutti-Semi-Ginkgo biloba

Come Riprodurre la Pianta del Ginkgo ? - Propagazione e Varietà

L'Albero dei Ventagli si può moltiplicare per semina, avendo cura di raccogliere i semi in autunno e, dopo aver fatto sentir loro almeno 2 mesi al freddo (secondo alcuni studi questo aumenterebbe la frequenza di germinazione), seminare in vasi da collocare a mezz'ombra per il primo anno di vita delle piantine.
Partendo da seme dovranno trascorrere circa 25-30 anni per la prima fioritura ed i fiori sono l'unico modo per capire se la pianta è un esemplare maschile o femminile.
Questo potrebbe essere un problema per chi non volesse ritrovarsi il vialetto ricoperto di "frutti" dall'odore nauseabondo, ma fosse ormai affezionato ad una pianta così bella e formata.

L'unico modo per ovviare a questo problema è utilizzare un metodo di propagazione vegetativo, come, ad esempio, fare la talea legnosa (in Dicembre) o semi-legnosa (in Estate), di un esemplare maschio.
Alternativamente si può propagare anche tramite innesto che, oltre a garantire la riproduzione della specifica cultivar (con relativo sesso), permetterebbe di avere su un'unica pianta un nesto maschile ed uno femminile, così da ottenere gli pseudo-frutti (ricordo che il seme tostato è commestibile e di sapore gradevole), pur avendo spazio per un solo esemplare.

Ad inizio articolo abbiamo descritto gli aspetti generali della specie; tuttavia, con gli anni, sono stati selezionati cloni con caratteristiche peculiari come ad es. :

  • Ginkgo bilobaTubifolia" : varietà maschile nana che non supera i 4 metri (13 ft) di altezza e dotata di foglie che, appena spuntate, sono arrotolate a formare una sorta di tubicino, per poi aprirsi a ventaglio a più lobi durante la fase adulta.
  • Ginkgo biloba ‘Tit" : ideale per coloro che hanno spazi stretti, questo clone ha infatti un portamento colonnare, simile a quello di un cipresso.
  • Ginkgo biloba ‘Tinia" : altra cultivar dal portamento atipico, essa si mantiene di dimensioni contenute, avendo un tronco tozzo ed una chioma dalla forma globosa.

Questo fossile vivente è arrivato ai giorni nostri, senza cambiare più di tanto il proprio aspetto e, se ci pensate, averlo in giardino e poterlo ammirare è un po' come fare un bel salto nel passato, in un mondo in cui la maggior parte delle piante odierne non esistevano ancora.
Insomma, un motivo in più per non farcelo scappare.

Fiori Maschili Ginkgo biloba

Ginkgo biloba leaves

martedì 9 gennaio 2018

Coltivazione dell'Aloe arborescens - Dove può Crescere in Italia ?

Tra le oltre 500 specie del genere, l'Aloe arborescens è probabilmente la più coltivata all'aperto in Italia e, per fama, è seconda solo all'Aloe vera, che però si presta meno alle condizioni climatiche italiane e rimane per lo più coltivata in vaso e riparata in inverno.

In questo articolo vorrei spiegarvi come coltivare Aloe arborescens, come curarla e dirvi dove è possibile piantarla in Italia, senza che sia danneggiata dal freddo invernale e quale temperatura minima sopporta.

Fioritura Aloe arborescens

Proprietà Terapeutiche :

L'Aloe arborescens è anche chiamata Aloe di Padre Zago e conosciuta per le sue ipotetiche proprietà antitumorali.
Padre Romano Zago (classe 1932) è un frate che vive in Brasile ed appartiene all'ordine dei Francescani. La ricetta "anti-cancro" di Zago è semplicemente un frullato di foglie di A. arborescens, miele e grappa.

Sebbene alcuni studi suggeriscano che gli estratti di A. arborescens possano ridurre la proliferazione batterica, stimolare il sistema immunitario ed aiutare la cicatrizzazione delle ferite, la ricetta di Padre Zago non può essere considerata una "cura miracolosa" contro tutti i tipi di tumore.

Più concrete sono le proprietà analgesiche, il gel di questa specie può infatti ridurre il dolore e diminuire le infiammazioni derivanti da bruciature, punture di insetto, ma anche da radioterapia. 
L'elevata concentrazione di vitamine e sali minerali rende questi estratti degli ottimi antiossidanti, in grado di neutralizzare i radicali liberi, molecole al quanto dannose per la cellula.


Origine, Distribuzione ed Habitat :

L'Aloe arborescens (inizialmente chiamata Aloe mutabilis) è una pianta succulenta nativa del Sud/Est dell'Africa ed è endemica in stati come Sud Africa, Mozambico, Zimbabwe e Malawi. Tuttavia, l'enorme adattabilità della specie le ha permesso un'ampia diffusione e, allo stato naturale, la si ritrova in zone climatiche piuttosto differenti.
Sebbene possa crescere anche a livello del mare, il suo habitat naturale è rappresentato dalle montagne, dove si sviluppa sui crinali rocciosi o arroccata nei dirupi.
L'A. arborescens di norma cresce isolata, ma è possibile ritrovarla anche nel sottobosco, all'interno di foreste piuttosto fitte. 

Oggigiorno è coltivata in tutte le zone (sub)tropicali aride del mondo, ma sopravvive bene anche nei climi mediterranei ed, in Italia, è molto frequente lungo le coste del Tirreno e dell'Adriatico, nonché nelle zone interne più miti del meridione, dove è perlopiù coltivata a scopo ornamentale, sia in giardini privati, che in luoghi pubblici

Aloe arborescens
Foglie Aloe arborescens


Com'è Fatta l'Aloe arborescens ? - Botanica e Fisiologia

L'Aloe arborescens è una pianta grassa che, nelle condizioni ideali, può raggiungere un'altezza di 2-3 metri (7-10 feet) ed appartiene alla famiglia delle Aloeaceae.
L'epiteto "arborescens" deriva dal latino e significa "a forma di albero"; in effetti, a differenza dell'A. vera e di molte altre specie di Aloe, l'A. arborescens ha un portamento che può ricordare quello di un albero, con diversi fusti che crescono eretti e privi di foglie nella parte basale, sebbene talvolta permangano le vecchie foglie morte e rinsecchite.
A primo impatto, l'aspetto di questa specie ricorda quello di un grosso cespuglio con molte ramificazioni, più che di una "classica" Aloe.

Le foglie dell'A. arborescens sono disposte in maniera concentrica (a "rosetta") ed hanno un margine dentellato, con spine pronunciate. Esse possono essere lunghe anche oltre 50 cm (20 in) e, in estate, se esposte al Sole ed a temperature torride, possono diventare brunastre nella parte terminale ed assumere una conformazioni ad "U".
Le foglie dell'A. arborescens si riconoscono da quelle dell'A. vera, poiché sono meno carnose (e con meno contenuto di gel) ed hanno una forma decisamente più appiattita.
La radici sono relativamente superficiali e si rinnovano in continuazione.

Le infiorescenze spuntano all'apice della nuova vegetazione, proprio dall'interno della "rosetta fogliare" e, sorrette da un lungo stelo, svettano sopra la pianta. Esse sono solitamente singole (1 rosetta = 1 infiorescenza), a forma di pannocchia "conica", prive di ramificazioni e composte da numerosi fiori di color rosso-arancione, che si aprono in maniera scalare, iniziando da quelli posti alla base dell'infiorescenza.
I fiori dell'A. arborescens sono ermafroditi, a forma cilindrica, con l'apertura rivolta verso il basso, che è spesso di color più tenue (sfumature gialle). Questi fiori sono ricchi di dolce nettare che attira api, farfalle, ma anche piccoli uccelli come i colibrì.
In seguito ad impollinazione, si sviluppano i frutti, che sono delle capsule che, a maturazione, rilasciano i semi nell'ambiente.

Le foto che seguono mostrano la fenologia della fioritura, con le fasi più salienti.

Abbozzo Infiorescenza

Infiorescenza Immatura Aloe arborescens

Infiorescenza e Fiori Aloe Arborescens

Fiori Aloe Padre Zago

Ma quando fiorisce l'Aloe arborescens in Italia ?

La fioritura di questa succulenta sembra essere favorita (od indotta) da un breve periodo freddo, con temperature medie intorno ai 10° C (50° F). In Italia la fioritura dell'Aloe arborescens è tipicamente invernale ed avviene, indicativamente, nel periodo compreso tra dicembre e marzo.

La fioritura è molto scalare, in quanto i vari grappoli fiorali si sviluppano sfalsati temporalmente e, anche all'interno di una stessa infiorescenza, non tutti i fiori si aprono contemporaneamente.


Quali Sono le Differenze tra Aloe vera ed Aloe arborescens ?

Distinguere queste due specie è abbastanza semplice (è molto più facile confondersi tra altre specie di Aloe). Basterà osservare qualche dettaglio :

  • A. vera non ha mai ramificazioni o tronchi ed ha un portamento compatto, mentre l'A. arborescens ha numerosi fusti, che possono assomigliare a dei rami di un albero ed un portamento espanso.
  • Le foglie dell'A. vera sono spesse, succulenti e ricche di gel (motivo per cui è più diffusa in cosmesi); inoltre sono verticali, rivolte verso l'alto (perpendicolari al terreno) e di un verde più tenue, in alcuni casi quasi giallo/bianco. Le foglie dell'A. arborescens sono più piatte ed allungate, disposte quasi orizzontalmente (parallele al terreno), talvolta curvate ad "U" e più fitte/numerose. 
  • Il fiore dell'A. vera è giallo, mentre quello dell'A. arborescens è color salmone o rosso.
  • L'A. vera è più sensibile al freddo rispetto all'A. arborescens. Se ne vedete una, piantata in terra, in una zona in cui ci sono gelate, sicuramente non sarà un'A. vera.

Esistono anche diversi ibridi, ottenuti dall'incrocio tra un'A. vera ed un'A. arborescens che, come facile intuire, hanno caratteristiche intermedie rispetto ai "genitori", rendendo complesso il riconoscimento. 

Aloe vera

Aloe arborescens


Come Crescere l'Aloe arborescens ? - Coltivazione, Clima, Moltiplicazione e Cure

Sicuramente vi starete chiedendo : "dove è possibile piantare l'A. arborescens all'esterno ?".
Ricordiamoci che l'Italia è una nazione della fascia temperata, mentre tutte le specie di Aloe sono africane e native di zone tropicali o, al limite, subtropicali.
Detto questo, il mar Mediterraneo è un "serbatoio di calore", rendendo l'Italia ben più mite di nazioni poste alla stessa latitudine.

Tra le innumerevoli specie di Aloe, l'A. arborescens si colloca nella fascia media-alta per quanto concerne la sua resistenza al freddo.
Sebbene cresca in montagna, stiamo comunque parlando di una pianta succulenta di origine tropicale. Non possiamo quindi pensare di coltivarla in mezzo alla pianura Padana od in qualsiasi parte del Nord Italia, ma è ragionevole pensare che possa sopravvivere lungo le Coste del Mar Tirreno, nel Medio-Basso Adriatico e nelle zone interne più riparate del Sud Italia.

L'A. arborescens  tollera leggere gelate, con abbassamenti di temperatura sino a circa -4° C (25°F). Se le temperature minime scendono sotto questa soglia si iniziano ad avere danni più o meno consistenti alle foglie, sino alla morte dell'intera pianta.
Talvolta, sebbene la pianta sembra essere stata uccisa dal gelo, in primavera rigetta dalle ridaci.

Un'alternativa, laddove le gelate invernali siano intense e durature, è la coltivazione in vaso, da portare al riparo in serra calda o all'interno di casa, durante la brutta stagione.
Coltivare una pianta in vaso richiede qualche accorgimento in più.
Conviene usare vasi medio-grandi e, possibilmente, non neri, poiché si riscalderebbero troppo sotto il sole estivo e potrebbero "cuocere" le radici.
Il fabbisogno idrico è superiore rispetto a piante coltivate in piena terra, inoltre sarà fondamentale che i vasi abbiano grossi fori sul fondo, per consentire un ottimo drenaggio.
Ricordatevi che, sebbene le Aloe resistano bene agli ambienti secchi, l'interno di un appartamento può essere eccessivamente asciutto; sarà dunque meglio nebulizzare con acqua e porre i vasi lontani da fonti di calore (stufe, termosifoni etc.), ma in un luogo luminoso (es. finestra esposta a Sud).

L'Aloe arborescens è una specie che cresce in ambienti secchi ed aridi. Per questo motivo, se coltivata in piena terra, non richiede innaffiature estive e riesce a svilupparsi con la sola acqua piovana, tollerando lunghi periodi di siccità.

Questa specie di Aloe ama un'esposizione in pieno Sole, ma in natura prospera anche all'interno dei boschi. Perciò può essere coltivata senza problemi anche a mezz'ombra o persino in leggera ombra (ma con tanta luminosità), compromettendo però la normale fioritura.
L'Aloe di Padre Zago è frequentemente coltivata alla base degli alberi ornamentali ad alto fusto, piantati lungo le strade.

Il terreno ideale è a pH neutro (o leggermente acido), sabbioso o comunque molto ben drenante, che non permanga umido e "zuppo" per lunghi periodi. Le concimazioni non sono necessarie; ne ho visti esemplari piantati in zone marginali che, senza ricevere alcuna cura, crescevano vigorosi, producendo abbondanti fioriture.
Questa specie, un po' come tutte le Aloe, è rustica, esente da malattie e prospera anche in terreni sassosi e poveri di nutrienti. L'unica cosa importante è evitare i ristagni idrici.
La specie si può piantare anche in prossimità del mare, resiste piuttosto bene sia ai venti salmastri, sia ad elevate concentrazioni di sale nel suolo.

L'Aloe arborescens emette stoloni e polloni basali che, andranno con gli anni a rinnovare la chioma. La specie si riproduce prelevando queste "nuove parti" che, sebbene vengano prodotte dalle radici, iniziano a sviluppare un proprio apparato radicale. Per ottenere nuove piantine basterà staccare queste "piante figlie" dalla "pianta madre" e trapiantarle in un vaso.
Alternativamente si può propagare anche tagliando una foglia, lasciandola seccare per qualche giorno all'aria ed interrandola in terreno sabbioso, tenendo il vaso all'ombra fino ad avvenuta radicazione.
La moltiplicazione per semina è solitamente lenta e poco usata.

Spero di avervi incuriosito e dato un spunto per la progettazione del vostro angolo verde. Sono sicuro che le foto mostrate vi tenteranno a tal punto da farvi comprare una pianta !!

Aloe arborescens in Fiore

Aloe arborescens in Estate

Aloe arborescens in Riva al Mare in Liguria

martedì 8 agosto 2017

Come Coltivare l'Aloe vera in Italia ? Dove Cresce ? Come si Riconosce ?

L'Aloe vera è una pianta succulenta che, per via delle sue proprietà curative, è conosciuta anche da coloro che non hanno un pollice verde particolarmente "green".
Già l'etimologia del suffisso "vera", suggerisce la difficoltà nel riconoscerla tra l'enormità di Aloe presenti.
In effetti l'Aloe "vera" è una sola, anche se spesso ci viene venduta un'Aloe "finta", ovvero una specie simile che, per i profani, è indistinguibile. 

Nelle prossime righe cercheremo di capire com'è fatta l'Aloe vera, da dove proviene e quali siano i limiti climatici per la sua coltivazione.

Pianta di Aloe vera


Origine, Distribuzione Naturale e Diffusione :

L'Aloe vera, nota anche con alcuni sinonimi : Aloe barbadensis, Aloe perfoliata, Aloe indica, Aloe vulgaris, è una pianta grassa conosciuta sin da tempi remoti per le sue proprietà medicinali, se ne trovano infatti riferimenti nei manoscritti risalenti all'epoca Egizia o all'impero Greco e Romano. L'A. vera trova svariate citazioni anche nel sacro libro della Bibbia.

L'esatto luogo di provenienza della specie è tuttora incerto poiché, già migliaia di anni fa, era coltivata ed esportata all'infuori del proprio areale d'origine.
Si pensa che l'Aloe vera sia genericamente nativa del Nord Africa (Egitto, Sudan, Arabia Saudita e Yemen), sebbene oggigiorno sia naturalizzata anche più ad Ovest, in stati quali Marocco, Mauritania e nelle isole vulcaniche dell'Atlantico (Capo Verde, Canarie e Madeira).
Tutte queste zone sono accomunate da un clima arido, assolato e mite, che rappresenta l'habitat ideale della specie.

Ai nostri giorni, dato l'enorme valore commerciale, l'Aloe vera è diffusa anche in altri continenti : negli Stati Uniti (Texas, California e Florida), così come in Australia, Messico, Spagna ed ultimamente si sono fatti impianti anche nelle zone più miti del Sud Italia (Sardegna, Sicilia, Calabria).


Come Riconoscere l'Aloe vera Rispetto alle Altre Specie di Aloe ?

Il genere Aloe è composto da circa 600 specie, alcune delle quali sono visivamente molto simili tra loro, perciò non è sempre facile capire quale Aloe abbiamo tra le mani.

Per distinguere la "vera" Aloe vera dalle altre dovremo basarci sui tratti peculiari (anche se a volte non unici), considerandone più di uno; di seguito eccone qualcuno :

  • L'Aloe vera non ha mai tronchi o ramificazioni (come invece ha l'Aloe arborescens) e, soprattutto, si sorregge da sola. Se il portamento è strisciante e ricadente o a cespuglio, probabilmente vi hanno rifilato un'Aloe ciliaris o un'A. arborescens, rispettivamente.
  • Le foglie hanno poche (e rade) lenticelle o macchioline, non onnipresenti come invece avviene nell'Aloe saponaria. Tuttavia in qualche varietà si può essere tratti in inganno, poiché ci potrebbe essere qualche lenticella biancastra in più, in particolar modo nella parte inferiore. 
  • I "dentini" che formano il margine seghettato della foglia, sono abbastanza accentuati e presenti solo sul perimetro fogliare e mai all'interno, come invece succede nella Aloe aculeata, Aloe humilisAloe ferox.
  • Le nuove foglie sono di color verde argento, ma quelle più vecchie assumono una colorazione rossastra/marroncina, più pronunciata verso l'estremità. 
  • Le foglie sono messe a "rosetta" e disposte a 360°, non a "ventaglio verticale" come nell'Aloe plicatilis.
  • Sebbene in vaso (ed in casa) è difficile che fiorisca, i fiori dell'Aloe vera sono gialli e non rossi-arancioni come nella maggior parte delle altre Aloe.

Spesso l'Aloe arborescens viene confusa e venduta per Aloe vera, ricordatevi che la prima ha foglie più strette, meno carnose, più appiattite e, talvolta, con una leggera curvatura ad "U" delle foglie; inoltre l'Aloe vera ha un portamento più compatto ed un aspetto più "massiccio".
Talvolta anche l'Aloe ciliaris può esser spacciata per "vera", tuttavia la si riconosce per il portamento pendulo e gli internodi (spazio tra foglia e foglia) ampi.

La situazione si complica con gli ibridi che, ovviamente, prendono un po' delle caratteristiche da ognuno dei genitori. Esiste infatti un ibrido di Aloe vera arborescens.

Di seguito vedrete foto di Aloe arborescens, Aloe ciliarisAloe saponaria e Aloe vera, affinché possiate notare le differenze morfologiche descritte poco sopra.

Aloe arborescens

Aloe ciliaris
Aloe saponaria

Foglia e "Denti" di Aloe vera
Aloe vera in vaso


Coltivazione, Clima, Esposizione, Cure, Potature :

Per prima cosa ricordiamoci che l'Aloe è una pianta succulenta e deve perciò essere trattata alla stregua di altre piante grasse come le Cactacee. Detto questo è una coltura abbastanza semplice, anche per i principianti ed i poco attenti.

Se la si volesse coltivare in Italia, all'esterno ed in piena terra, è bene sapere che l'Aloe vera ha una scarsa resistenza al freddo, decisamente inferiore a quella di altre succulente come l'Agave.
Idealmente la si dovrebbe coltivare in zone esenti da gelo, tuttavia, in condizioni secche, potrebbe tollerare con pochi danni qualche ora ad una temperatura di poco inferiore agli 0° C (32° F).
Quindi, in zone con effimere gelate, se ne potrebbe tentare la coltivazione amatoriale all'aperto, anche perché, date le ridotte dimensioni della specie, sarebbe piuttosto facile costruire delle buone protezioni invernali.

L'esposizione al Sole è materia controversa, su isole assolate come Fuerteventura o Lanzarote, l'Aloe vera viene cresciuta in pieno Sole, condizione che favorisce la fioritura. Ciononostante la specie si sviluppa bene anche in condizioni di mezz'ombra e le foglie, specialmente per piante in vaso, tendono ad essere più carnose e verdi.
Detto questo non preoccupatevi se alcune foglie delle vostre Aloe vera diventano marroni, con esposizioni assolate è una risposta fisiologica e senza conseguenze.
Tollera piuttosto bene anche l'aria salmastra tipica delle località di mare e resiste, senza trattamenti, alla maggior parte dei patogeni.

Allo stato selvatico questa specie cresce in suoli aridi e poveri, si accontenta dunque di quasi tutti i terreni a patto che siano ben drenanti. Le concimazioni sono di norma superflue.

Essendo un pianta grassa l'Aloe richiede poca acqua e può sopportare lunghi periodi di siccità senza particolari danni.
Le innaffiature vanno effettuate in estate, bagnando il terreno (e non le foglie) solo quando esso sarà completamente asciutto. In inverno, anche per via delle temperature più basse, il fabbisogno idrico diminuisce e sarà sufficiente l'umidità atmosferica. Qualora la si coltivasse in vaso basterà nebulizzare il terreno, invece che bagnarlo completamente.

La specie non richiede potature od accorgimenti particolari, semmai la rimozione delle foglie avviene per il loro utilizzo, più che per dare forma alla pianta. In questo caso si prelevano le foglie alla base della pianta, lasciando sviluppare quelle all'apice.

Infiorescenze Aloe vera

Foglie Giovani Aloe vera

E' Possibile Crescere l'Aloe vera all'Interno di Casa ?

Dato che questa Aloe, in Italia, si può coltivare all'aperto davvero in poche zone, l'unica alternativa è ripararla al chiuso durante l'inverno.
Affinché questo sia possibile occorrono due fattori : che la pianta cresca bene in vaso e, a meno che non si disponga di una serra/veranda, che sopporti il clima "d'appartamento".

Fortunatamente l'Aloe vera è rustica, con uno sviluppo radicale contenuto che le consente la crescita anche in vasi relativamente piccoli e, tutto sommato, è abbastanza adatta al clima secco di una casa.
Tuttavia converrà adottare qualche suggerimento:

  1. Evitare luoghi ombreggiati, prediligendo finestre esposte a Sud o zone luminose
  2. Non posizionare il vaso sopra termosifoni, stufe o altre fonti di calore
  3. Possibilmente tenerla nel luogo più fresco (ad esempio non nel locale in cui accendete il camino)
  4. Evitare zone di passaggio tra interno/esterno, ad esempio vicino alla porta di entrata, dove ci possono esser notevoli sbalzi termici
  5. Se l'ambiente fosse particolarmente secco nebulizzare occasionalmente le foglie

In queste condizioni la pianta sopravviverà, ma difficilmente fiorirà e rimarrà di dimensioni minori.


Botanica e Fisiologia :

L'Aloe vera (sin. Aloe barbadensis ) è una pianta succulenta tropicale che appartiene alla famiglia delle Xanthorrhoeaceae (Aloeaceae secondo altre classificazioni) ed è una lontana partente dell'Asparago.
Il nome del genere, Aloe, deriva dall'arabo "Alloeh" che significa : "Sostanza luccicante amara", probabilmente in riferimento alla sua linfa.

Fioritura Aloe veraL'Aloe vera, per essere una pianta grassa, ha una crescita moderatamente veloce ed una singola pianta raggiunge, da adulta, un'altezza di circa 80 cm (32 in) ed una larghezza di 100 cm (40 in). Tuttavia la larghezza può essere superiore, poiché la specie ha la tendenza ad emettere polloni (piante figlie) dalle radici.
I fiori sbocciano su spighe lunghe sino ad oltre 1 m (40 in), che si biforcano e diramano, innalzandosi ben al di sopra del livello delle foglie. L'infiorescenza, che spunta dal centro della pianta, è un racemo i cui fiori "maturi" sono di color giallo, lunghi circa 3 cm (1.2 in), penduli e rivolti verso il basso. In alcune selezioni i fiori possono avere tonalità arancioni.
In zone subtropicali la fioritura avviene in estate, alle Canarie fiorisce tra Giugno ed Agosto. In aree più tropicali piante differenti possono avere fioriture sfalsate, in periodi diversi dell'anno. La specie è autosterile, motivo per cui, per ottenere frutti, ci devono essere più piante in grado di impollinarsi.
Il frutto, a maturità verde scuro, è una capsula che si apre verticalmente e contiene numerosi piccoli semi, appiattiti e di color grigio-marrone.

Contrariamente a quanto si possa pensare, le radici dell'Aloe vera non occupano un gran volume, hanno uno sviluppo prevalentemente orizzontale e rimangono superficiali.

Ma veniamo alla parte più interessante: le foglie. Esse sono verdi-argento, lunghe circa 50 cm (20 in), quelle più giovani spuntano dalla parte centrale e sono disposte "a ciuffo", mentre le più vecchie si piegano sotto il loro peso, diventando parallele al suolo. Sul margine fogliare sono presenti delle spine che per forma ricordano i "denti di squalo".
Sono foglie carnose, con cuticola inspessita, al cui interno è presente molta acqua, un adattamento xerofitico per combattere la siccità.

La specie ha una vita media di 12-15 anni e ne impiega circa 3-4 prima di raggiungere la maturità e fiorire.

Cosa Contengono le Foglie di Aloe ?

Basta incidere una foglia per notare che al proprio interno è presente una sostanza gelatinosa dal sapore molto amaro, dalla quale si ricava il famoso "Succo di Aloe".
Il gel di Aloe, che al naturale è esclusivamente ad uso topico (esterno), velocizza il processo di cicatrizzazione ed è molto efficace nell'alleviare bruciori dovuti ad abrasioni ed ustioni (comprese quelle da troppo Sole), ma è anche utile per combattere malattie della pelle quali Psoriasi, Acne o Eczemi.
Personalmente ho trovato la sua applicazione cutanea di enorme beneficio contro le scottature del "primo giorno di spiaggia".
E' importante che il gel sia utilizzato subito dopo averlo estratto, spalmandolo direttamente sulla zona interessata. Ad uso industriale le foglie vengono raccolte, tagliate e portate velocemente al posto di lavorazione, dove il loro contenuto (gel-linfa) viene stabilizzato.

Questo gel contiene l'Oleina, un principio attivo irritante per la mucosa dell'intestino, che può causare effetti lassativi. Perciò, al fine di poter produrre il Succo di Aloe (o qualsiasi altro derivato che venga ingerito), l'Oleina deve essere chimicamente neutralizzata.
Questa "bevanda a base di Aloe" ha proprietà antibatteriche-antivirali, antiossidanti e rinforza il sistema immunitario (macrofagi etc.).

Per ottenere il massimo dal Gel di Aloe si devono raccogliere le foglie più vecchie (ma non rinsecchite), da piante adulte.

Gel di Aloe vera foglia tagliata

Come Propagare l'Aloe vera ?

La specie ha un'elevata attitudine ad emettere polloni, lateralmente rispetto alla pianta madre. Il metodo più semplice per riprodurla è rimuovere un pollone basale, farlo asciugare un paio di giorni all'aria, piantarlo in un substrato fresco ed arieggiato (es. Sabbia), tenuto leggermente umido ed in posizione ombreggiata, aspettando la radicazione.
Talvolta il pollone è particolarmente ancorato e si dovrà forzare per rimuoverlo, in questo caso potrebbe avere già un apparato radicale autonomo.
L'Aloe vera si può moltiplicare anche partendo da seme, in questo caso conviene seminare in primavera, con temperature di almeno 20° C (68° F), utilizzando semi maturi (se sono chiari, bianchi o sbiaditi probabilmente sono stati raccolti prematuramente). La germinazione dovrebbe avvenire nel giro di 3-4 settimane.

Ovviamente non tutti hanno a disposizione dei semi o un'Aloe "matura" con relativi polloni; ma non temete, anche qui c'è una soluzione.
La specie si può riprodurre per talea, rimuovendo con un coltello affilato un'intera foglia (meglio se un nuovo germoglio) ed interrandola in torba-sabbia ad una profondità di circa 10 cm (4 in), mantenendo la parte tagliata rivolta versa il basso.
Lasciare il vaso in una zona fresca (non fredda), luminosa (non assolata) e mantenere il terreno umido (non zuppo).

Vecchia Aloe vera con Polloni


Tutto sommato coltivare una pianta di Aloe non è poi così difficile e, anche se non vivete in una zona d'Italia a clima mite, potrete coltivarla in vaso con successo, tenendola in casa in inverno o anche tutto l'anno, come fosse una pianta d'appartamento.
Insomma sia che abitiate a Milano, Roma, Napoli o Palermo non avrete più scuse per non averne un esemplare sul davanzale, anche perché si può comprare ovunque (supermercati, mercati, vivai) al costo di pochi euro.

Vi saluto con le ultime 3 foto, le prime due sono state fatte alle Canarie, l'ultima nel Nord Italia, da una pianta coltivata in vaso e riparata in casa in inverno.

Aloe vera in terra Canarie

Fiore Aloe vera

Aloe vera in Vaso Nord Italia