Il Fico d'India (Opuntia ficus-indica) è una pianta grassa che, sul finir dell'estate, produce squisiti frutti, oggigiorno facilmente acquistabili in ogni supermercato.
Come si coltiva il Fico d'India? Dove può essere piantato in Italia? Qual è il suo clima ideale? Resiste al freddo intenso? Qual è il periodo di raccolta?
Origine e Diffusione :
Poiché il Fico d'India è coltivato, a scopo alimentare, sin da tempi antichi, la sua esatta origine geografica non fu facilmente individuabile. Ai giorni nostri le ricerche sono però concordi nel ritenere che la specie Opuntia ficus-indica sia originaria degli aridi altopiani del Messico, da dove fu importata in Europa già nel sedicesimo secolo e diverse fonti citano la sua presenza in Marocco già oltre 400 anni fa.
Per i nativi messicani la specie era nota come cactus "Nopalli", mentre il suffisso "d'India" fu coniato in seguito, da Cristoforo Colombo, il quale pensava di esser approdato in India.
Per i nativi messicani la specie era nota come cactus "Nopalli", mentre il suffisso "d'India" fu coniato in seguito, da Cristoforo Colombo, il quale pensava di esser approdato in India.
Oggigiorno il Fico d'India è particolarmente diffuso in tutto il bacino Mediterraneo, nel Nord Africa, in California e Texas, nel Sud America ed in Medio-oriente, ma è presente un po' in tutte le zone miti ed aride del Mondo, persino in Namibia.
Il Fico d'Indio, in Italia, è comune in tutto il Mezzogiorno, tanto da diventare uno dei simboli della Sicilia, ciò nonostante prospera e ben si sviluppa anche nelle zone costiere poste a latitudini maggiori e persino nei microclimi più miti del Nord Italia, come ad esempio sulle sponde più riparate del Lago Maggiore.
La coltivazione del Fico d'India si concentra in Sicilia, rendendo così l'Italia uno dei maggiori produttori ed esportatori a livello mondiale.
La coltivazione del Fico d'India si concentra in Sicilia, rendendo così l'Italia uno dei maggiori produttori ed esportatori a livello mondiale.
Opuntia ficus-indica è il nome scientifico della pianta comunemente chiamata Fico d'India (o Ficodindia); ma non facciamoci trarre in inganno dal nome, i Fichi d'India non sono minimamente imparentati con i classici Fichi (Ficus carica), l'unica cosa che condividono è l'areale di crescita.
Opuntia ficus-indica appartiene alla famiglia delle Cactaceae ed al genere Opuntia, il quale annovera numerose specie di Cactus, utilizzate prevalentemente a scopo ornamentale. Opuntia ficus-indica, pur non essendo l'unica specie a produrre frutti commestibili, è l'unica pianta del genere per cui valga la pena la coltivazione come pianta da frutto.
Tra le oltre 200 specie del genere Opuntia, sono molte quelle che donano frutti "mangiabili"; ciò non vuol necessariamente dire che abbiano un buon sapore, ma semplicemente che non siano tossici. Un esempio è l'Opuntia cardiosperma, la quale produce frutti commestibili e di bell'aspetto, ma dal gusto particolarmente aspro.
Il Fico d'India è una pianta succulenta che raggiunge un'altezza media di circa 4 m (13 ft), con un notevole sviluppo orizzontale.
Il fusto è rappresentato da cladodi (noti come "Pale"), ovvero rami modificati che suppliscono alle funzioni normalmente ascrivibili alle foglie.
I cladodi dell'Opuntia ficus-indica hanno una consistenza coriacea, una forma ovale ed appiattita e possono misurare fino a 50 cm (1,6 ft) e, pur non essendo foglie, svolgono la Fotosintesi Clorofilliana.
Le Pale, al fine di limitare la perdita d'acqua, sono ricoperte da cera e fungono da veri e propri serbatoi. Un altro meccanismo evolutivo che ha permesso loro di svilupparsi in ambienti così aridi è noto come "Fotosintesi CAM" ed è condiviso anche da altre specie come Agave ed Ananas.
Per capire come funziona dobbiamo ricordarci che, nella fotosintesi, si produce ossigeno (O2) e glucosio (C6H12O6), mentre si consuma acqua (H2O) ed anidride carbonica (CO2).
In tutte le piante gli scambi gassosi con l'ambiente avvengono tramite particolari fessure, chiamate Stomi, che possono essere aperte o chiuse.
L'apertura degli stomi permette il passaggio di CO2 (che entra) e di O2 (che esce), ma anche la perdita di acqua, tramite traspirazione.
Nelle piante normali gli stomi sono aperti durante il giorno, permettendo lo svolgimento della fotosintesi. Invece, le piante con metabolismo CAM, tra cui appunto i Fichi d'India, mantengono gli stomi chiusi durante il giorno, mentre li aprono durante la notte. In altre parole sono in grado di assorbire CO2 di notte ed immagazzinarla per il giorno seguente, quando sarà nuovamente disponibile luce per svolgere la fotosintesi.
Questo è un perfetto esempio di adattamento Xerofitico, di notte, infatti, l'umidità atmosferica è superiore e le temperature inferiori, limitando di fatto la perdita d'acqua dai tessuti. Tutto ciò si traduce in un netto risparmio; la quantità di acqua necessaria per trasformare 6 molecole di CO2 in una di C6H12O6 è fino a 5 volte inferiore, rispetto alle piante con un normale ciclo fotosintetico.
Le Pale "spuntano" da altre Pale, un po' come, nelle "piante classiche", i rami si generano da altri rami. Il Fico D'India ha una crescita veloce e risulta formato da numerosi cladodi fusi l'un l'altro, dando l'impressione che sia una pianta priva di tronco e rami.
Opuntia ficus-indica appartiene alla famiglia delle Cactaceae ed al genere Opuntia, il quale annovera numerose specie di Cactus, utilizzate prevalentemente a scopo ornamentale. Opuntia ficus-indica, pur non essendo l'unica specie a produrre frutti commestibili, è l'unica pianta del genere per cui valga la pena la coltivazione come pianta da frutto.
Tra le oltre 200 specie del genere Opuntia, sono molte quelle che donano frutti "mangiabili"; ciò non vuol necessariamente dire che abbiano un buon sapore, ma semplicemente che non siano tossici. Un esempio è l'Opuntia cardiosperma, la quale produce frutti commestibili e di bell'aspetto, ma dal gusto particolarmente aspro.
Il Fico d'India è una pianta succulenta che raggiunge un'altezza media di circa 4 m (13 ft), con un notevole sviluppo orizzontale.
Il fusto è rappresentato da cladodi (noti come "Pale"), ovvero rami modificati che suppliscono alle funzioni normalmente ascrivibili alle foglie.
I cladodi dell'Opuntia ficus-indica hanno una consistenza coriacea, una forma ovale ed appiattita e possono misurare fino a 50 cm (1,6 ft) e, pur non essendo foglie, svolgono la Fotosintesi Clorofilliana.
Le Pale, al fine di limitare la perdita d'acqua, sono ricoperte da cera e fungono da veri e propri serbatoi. Un altro meccanismo evolutivo che ha permesso loro di svilupparsi in ambienti così aridi è noto come "Fotosintesi CAM" ed è condiviso anche da altre specie come Agave ed Ananas.
Per capire come funziona dobbiamo ricordarci che, nella fotosintesi, si produce ossigeno (O2) e glucosio (C6H12O6), mentre si consuma acqua (H2O) ed anidride carbonica (CO2).
In tutte le piante gli scambi gassosi con l'ambiente avvengono tramite particolari fessure, chiamate Stomi, che possono essere aperte o chiuse.
L'apertura degli stomi permette il passaggio di CO2 (che entra) e di O2 (che esce), ma anche la perdita di acqua, tramite traspirazione.
Nelle piante normali gli stomi sono aperti durante il giorno, permettendo lo svolgimento della fotosintesi. Invece, le piante con metabolismo CAM, tra cui appunto i Fichi d'India, mantengono gli stomi chiusi durante il giorno, mentre li aprono durante la notte. In altre parole sono in grado di assorbire CO2 di notte ed immagazzinarla per il giorno seguente, quando sarà nuovamente disponibile luce per svolgere la fotosintesi.
Questo è un perfetto esempio di adattamento Xerofitico, di notte, infatti, l'umidità atmosferica è superiore e le temperature inferiori, limitando di fatto la perdita d'acqua dai tessuti. Tutto ciò si traduce in un netto risparmio; la quantità di acqua necessaria per trasformare 6 molecole di CO2 in una di C6H12O6 è fino a 5 volte inferiore, rispetto alle piante con un normale ciclo fotosintetico.
Le Pale "spuntano" da altre Pale, un po' come, nelle "piante classiche", i rami si generano da altri rami. Il Fico D'India ha una crescita veloce e risulta formato da numerosi cladodi fusi l'un l'altro, dando l'impressione che sia una pianta priva di tronco e rami.
E' importante menzionare il fatto che i cladodi svolgono la funzione di "foglie" solo nei primi anni di vita, dal quarto anno in poi, infatti, lignificano, cessano l'attività fotosintetica ed acquisiscono un ruolo prettamente strutturale, come fossero dei veri e propri tronchi.
Ma allora i Fichi d'India, ed in generale i Cactus, non hanno mai foglie?
Anche se all'apparenza non sembrerebbe, anche Opuntia ficus-indica produce delle "vere" foglie. Queste sono verdi, ricurve, di dimensioni assai contenute (pochi millimetri) e dalla vita estremamente effimera; infatti sono presenti solo sulle nuove pale e cadono nel giro di pochi giorni.
In altri termini, le foglie degli Opuntia, sono un retaggio evolutivo e si possono considerare degli organi vestigiali, ovvero organi che in un antico antenato avevano un ruolo, ma col passare del tempo hanno perso la loro funzione. In effetti la presenza di "vere" foglie comporterebbe un cospicuo dispendio di acqua che, in un ambiente desertico, non permetterebbe loro di sopravvivere.
Analisi genetiche hanno dimostrato che molte specie di Cactus possiedono ancora i geni per un corretto sviluppo delle foglie, ma questi geni sono "tenuti" spenti, facendo così cadere le foglie negli stadi precoci.
Le foglie, prima di cadere, sono riunite in "ciuffetti", alla cui base si trovano particolari strutture, dette areole, che altro non sono che ascelle fogliari modificate. Dal tessuto che compone le areole si sviluppano due tipi di spine: glochidi e le spine vere e proprie.
I glochidi sono esili spine setolose a forma di uncino, molto irritanti e a comportamento caduco, ovvero, qualora fossero urtate da qualche animale intento a cibarsi delle succulente pale, si conficcherebbero nella pelle del malcapitato, provocando bruciore, irritazione e dolore. Inoltre la loro conformazione e struttura, renderebbe difficile l'estrazione, lasciandole all'interno della cute per molto tempo. Le "vere" spine hanno una lunghezza di un paio di cm (0.8 in), ovvero circa 10 volte più grandi rispetto ai glochidi, sono di colore bianco-grigiastro, saldamente ancorate alle pale, rigide e cave all'interno. Il loro scopo, più che irritare, è quello di provocare delle ferite. Esistono varietà di Opuntia ficus-indica, quasi prive di quest'ultima categoria di spine.
Ogni cladode contiene in media un centinaio di areole, il cui tessuto, oltre a generare spine, si può differenziare anche in germogli e foglie (ovvero formare nuove pale), in radici avventizie e persino in fiori.
Ricapitolando, il Fico d'India è una pianta succulenta che ha dei tronchi/rami che in realtà assomigliano e svolgono la funzione delle foglie, delle vere foglie che durano pochi giorni e che vengono sostituite da spine. Insomma una pianta un po' diversa da quelle "classiche", che si conoscono sin da bambini.
I Fiori del Fico d'India sono ermafroditi, a forma di coppa, con petali generalmente gialli, ma talvolta anche rosa o arancione tenue e si formano dalle areole presenti sui cladodi. Questi fiori hanno un diametro di circa 5 cm (2 in), stami ben sviluppati e, con il loro polline e nettare, attraggono numerosi insetti pronubi, i quali provvedono all'impollinazione.
La fioritura avviene nella tarda primavera (Maggio-Giugno), ma qualche fiore isolato può aprirsi anche nel periodo autunnale.
Se si eliminano i fiori della prima fioritura (operazione nota come scozzolatura), lo stress indurrà una seconda fioritura, che genererà frutti tardivi, chiamati "Bastardoni", particolarmente ricercati per la loro bontà e la minor quantità di semi.
La localizzazione dei fiori non è casuale, infatti i fiori si originano generalmente all'estremità delle pale e ce ne possono essere fino a 30 su ogni singola pala, sebbene spesso se ne contino circa una decina.
La fioritura è concentrata sulle pale di un anno di età, ciò nonostante possono fiorire anche quelle di 2-3 anni, raramente quelle dell'annata. Inoltre le fioriture più copiose avvengono sui cladodi meglio esposti ai raggi solari.
I Frutti del Fico d'India sono delle bacche carnose di forma cilindrica più o meno allungata a seconda del periodo di maturazione, della varietà e dell'esposizione al Sole ed, in Italia, maturano tra Agosto e Settembre ("Agostani") o, in seguito a scozzolatura, tra Ottobre e Novembre ("Bastardoni").
Sebbene verdi da acerbi, a maturazione i frutti possono aver diverse colorazioni, sia della buccia, sia della polpa, dal bianco-giallo, sino al rosso porpora.
Sull'epidermide dei frutti si trovano numerosi glochidi, i quali rendono complicata la raccolta, rendendo indispensabile l'uso di spessi guanti. La polpa è commestibile, saporita e dal gusto dolce, tuttavia in essa sono immersi innumerevoli piccoli semi (anche 300 per frutto), di consistenza coriacea, che rendono ostica la masticazione. Sarebbe auspicabile selezionare nuove varietà che abbiano meno semi o che ne siano addirittura prive (Apirene) ma, negli anni, non credo si siano fatti particolari sforzi in questa direzione.
Contrariamente a quel che si credi, l'apparato radicale dell'Opuntia ficus-indica è poco profondo e localizzato, prevalentemente, nel primo mezzo metro di suolo (20 in). Per contro queste radici sono molto espanse, robuste ed in grado di sgretolare la roccia o inserirsi nella più minuscola fessura.
Ma allora i Fichi d'India, ed in generale i Cactus, non hanno mai foglie?
Anche se all'apparenza non sembrerebbe, anche Opuntia ficus-indica produce delle "vere" foglie. Queste sono verdi, ricurve, di dimensioni assai contenute (pochi millimetri) e dalla vita estremamente effimera; infatti sono presenti solo sulle nuove pale e cadono nel giro di pochi giorni.
In altri termini, le foglie degli Opuntia, sono un retaggio evolutivo e si possono considerare degli organi vestigiali, ovvero organi che in un antico antenato avevano un ruolo, ma col passare del tempo hanno perso la loro funzione. In effetti la presenza di "vere" foglie comporterebbe un cospicuo dispendio di acqua che, in un ambiente desertico, non permetterebbe loro di sopravvivere.
Analisi genetiche hanno dimostrato che molte specie di Cactus possiedono ancora i geni per un corretto sviluppo delle foglie, ma questi geni sono "tenuti" spenti, facendo così cadere le foglie negli stadi precoci.
Le foglie, prima di cadere, sono riunite in "ciuffetti", alla cui base si trovano particolari strutture, dette areole, che altro non sono che ascelle fogliari modificate. Dal tessuto che compone le areole si sviluppano due tipi di spine: glochidi e le spine vere e proprie.
I glochidi sono esili spine setolose a forma di uncino, molto irritanti e a comportamento caduco, ovvero, qualora fossero urtate da qualche animale intento a cibarsi delle succulente pale, si conficcherebbero nella pelle del malcapitato, provocando bruciore, irritazione e dolore. Inoltre la loro conformazione e struttura, renderebbe difficile l'estrazione, lasciandole all'interno della cute per molto tempo. Le "vere" spine hanno una lunghezza di un paio di cm (0.8 in), ovvero circa 10 volte più grandi rispetto ai glochidi, sono di colore bianco-grigiastro, saldamente ancorate alle pale, rigide e cave all'interno. Il loro scopo, più che irritare, è quello di provocare delle ferite. Esistono varietà di Opuntia ficus-indica, quasi prive di quest'ultima categoria di spine.
Ogni cladode contiene in media un centinaio di areole, il cui tessuto, oltre a generare spine, si può differenziare anche in germogli e foglie (ovvero formare nuove pale), in radici avventizie e persino in fiori.
Ricapitolando, il Fico d'India è una pianta succulenta che ha dei tronchi/rami che in realtà assomigliano e svolgono la funzione delle foglie, delle vere foglie che durano pochi giorni e che vengono sostituite da spine. Insomma una pianta un po' diversa da quelle "classiche", che si conoscono sin da bambini.
I Fiori del Fico d'India sono ermafroditi, a forma di coppa, con petali generalmente gialli, ma talvolta anche rosa o arancione tenue e si formano dalle areole presenti sui cladodi. Questi fiori hanno un diametro di circa 5 cm (2 in), stami ben sviluppati e, con il loro polline e nettare, attraggono numerosi insetti pronubi, i quali provvedono all'impollinazione.
La fioritura avviene nella tarda primavera (Maggio-Giugno), ma qualche fiore isolato può aprirsi anche nel periodo autunnale.
Se si eliminano i fiori della prima fioritura (operazione nota come scozzolatura), lo stress indurrà una seconda fioritura, che genererà frutti tardivi, chiamati "Bastardoni", particolarmente ricercati per la loro bontà e la minor quantità di semi.
La localizzazione dei fiori non è casuale, infatti i fiori si originano generalmente all'estremità delle pale e ce ne possono essere fino a 30 su ogni singola pala, sebbene spesso se ne contino circa una decina.
La fioritura è concentrata sulle pale di un anno di età, ciò nonostante possono fiorire anche quelle di 2-3 anni, raramente quelle dell'annata. Inoltre le fioriture più copiose avvengono sui cladodi meglio esposti ai raggi solari.
I Frutti del Fico d'India sono delle bacche carnose di forma cilindrica più o meno allungata a seconda del periodo di maturazione, della varietà e dell'esposizione al Sole ed, in Italia, maturano tra Agosto e Settembre ("Agostani") o, in seguito a scozzolatura, tra Ottobre e Novembre ("Bastardoni").
Sebbene verdi da acerbi, a maturazione i frutti possono aver diverse colorazioni, sia della buccia, sia della polpa, dal bianco-giallo, sino al rosso porpora.
Sull'epidermide dei frutti si trovano numerosi glochidi, i quali rendono complicata la raccolta, rendendo indispensabile l'uso di spessi guanti. La polpa è commestibile, saporita e dal gusto dolce, tuttavia in essa sono immersi innumerevoli piccoli semi (anche 300 per frutto), di consistenza coriacea, che rendono ostica la masticazione. Sarebbe auspicabile selezionare nuove varietà che abbiano meno semi o che ne siano addirittura prive (Apirene) ma, negli anni, non credo si siano fatti particolari sforzi in questa direzione.
Contrariamente a quel che si credi, l'apparato radicale dell'Opuntia ficus-indica è poco profondo e localizzato, prevalentemente, nel primo mezzo metro di suolo (20 in). Per contro queste radici sono molto espanse, robuste ed in grado di sgretolare la roccia o inserirsi nella più minuscola fessura.
Coltivazione, Clima, Potatura e Cure :
Opuntia ficus-indica è una pianta succulenta e, come tale, si è evoluta per crescere in ambienti molto aridi, se non quasi desertici. Il loro habitat naturale è rappresentato dai pendii assolati di zone miti e secche, tuttavia l'ambiente di coltivazione della specie si è esteso notevolmente, tanto da poter esser considerata naturalizzata in tutte le zone a clima Mediterraneo.
Nella realtà il Fico d'India ha una resistenza al freddo più alta di quanto comunemente si pensi, e non subisce danni da freddo fino a temperature di -6° C (21° F) e, se per brevi esposizioni, non muore neppure con temperature minime inferiori. Ciò nonostante, per una produzione ottimale, è consigliabile coltivarli solo in zone in cui raramente le temperature invernali scendano sotto gli 0° C (32° F). In altre parole hanno una rusticità paragonabile a quella degli Agrumi meno resistenti al gelo (ad es. Limone).
Tuttavia, in ambienti tropicali, la produzione fruttifera sarebbe limitata; questo perché le basse temperature favoriscono lo sviluppo di fiori. E' stato osservato che, nel range di temperatura tra 5 e 15° C (41-59°F) la produzione di fiori è circa 10 volte superiore rispetto alla produzione di nuove pale, tra 15 e 25° C (59-77° F) vi è un'egual produzione, mentre tra 25 e 35° C (77-95° F) le nuove pale sono 10 volte superiori ai fiori. Riassumendo, le basse temperature favoriscono la produzione di organi riproduttivi, mentre le alte quelli degli organi vegetativi.
Il Fico d'India può crescere in zone torride, senza subire danni e sopportare temperare massime che ucciderebbero la maggior parte delle altre piante. Questi Cactus, infatti, riescono a sopravvivere anche con temperature superiori ai 50° C (122° F), alcuni autori riportano che le cellule di questa pianta possano non morire, anche dopo brevi esposizioni a 65° C (149° F).
Opuntia ficus-indica è una specie spiccatamente eliofila e un'esposizione in pieno Sole è consigliata. All'ombra la crescita è stentata e la produzione di fiori (e frutti) nulla.
Come più volte accennato, questa Cactacea è assai resistente alla siccità e può crescere su un'ampia gamma di terreni, pur preferendo quelli sabbiosi o rocciosi, ben drenanti, a pH neutro o leggermente alcalino; inoltre è nota la sua tolleranza alla salinità del suolo e alla salsedine dell'aria, non a caso è presente sui declivi costantemente esposti alle brezze marine. La concimazione a base organica, pur aumentando le rese, non è necessaria.
La potatura va effettuata dopo la fruttificazione e prima della ripresa vegetativa. Si effettua eliminando le Pale maldisposte, che si incrociano od entrano in contatto, nonché quelle danneggiate dagli agenti atmosferici.
Il Fico d'India è piuttosto resistente nei confronti dei patogeni e può fruttificare anche senza trattamenti chimici. Ciò nonostante può essere attaccato da più specie di insetti fitofagi appartenenti al genere Dactylopius. Queste cocciniglie, tramite la saliva, iniettano nei cladodi una sostanza tossica, che provoca la comparsa di numerose macchie biancastre dall'aspetto cotonoso. La Mosca Mediterranea della Frutta (Ceratitis capitata) sverna solo nelle regioni più miti d'Italia, le larve della specie si nutrono della polpa dei frutti, preferendo quelli zuccherini e privi di acidità. I Fichi d'India maturano in un periodo in cui molti altri frutti estivi "dolci" sono già maturati, diventando così un ottimo bersaglio per questo insetto.
Temperature invernali sub-letali, possono inibire la fruttificazioni e i ristagni idrici (poco tollerati) facilitano l'attacco di funghi e provocano marciumi radicali.
In Italia sono presenti essenzialmente tre tipi di cultivars: Muscaredda (Bianca), Sulfarina (Gialla) e Sanguigna (Rossa), che si differenziano per la colorazione dei frutti e della loro polpa. Esiste anche una varietà chiamata "Apirena", un nome ingannevole, dato che questa non è senza semi, ma ne ha semplicemente meno.
Il Fico d'India è facile da propagare, i suoi cladodi (o anche dei frammenti) radicano molto velocemente, è dunque semplice la riproduzione per via vegetativa, tramite Talea. La pianta si può moltiplicare anche tramite semina, tuttavia, qualora si volesse una cultivar specifica, si dovrà ricorrere al primo metodo.
Il fatto che i frutti abbiano numerosi semi e che le pale, a contatto col suolo, formino facilmente nuove radici, ha permesso una veloce diffusione della specie che, nelle condizioni climatiche ottimali, è diventata addirittura infestante, crescendo persino tra le rocce.
Piante moltiplicate tramite talea iniziano a fruttificare a partire dal terzo anno e rimangono altamente produttive fino a circa 35-40 anni di età.
Opuntia ficus-indica è una pianta coltivata, prevalentemente, per la produzione dei Fichi d'India, soprattutto in zone aride in cui poche altre piante fruttificherebbero. Si possono ottenere frutti, senza irrigazione, anche in zone in cui cadono meno di 300 mm/anno, ovvero la metà di quelli che cadono a Catania.
La specie ha un ottimo rapporto Biomassa/Acqua e si stima che possa produrre 1 kg di Biomassa secca (peso dopo disidratazione) ogni 150 litri di acqua consumata. Questa peculiarità, se sfruttata a dovere, porterebbe alla produzione di grandi quantità di Biogas e Bioetanolo. Purtroppo, in Italia, la specie è spesso abbandonata a sé stessa, ma non è così in tutto il mondo, nel Sud America (Cile e Brasile) vi sono impianti di Biogas, alimentati dalla Biomassa prodotta da questo Cactus. Anche i semi trovano impiego, essi contengono infatti sino al 30% di Olio.
In Italia, oltre ai frutti, vengono utilizzate anche le Pale, sia come foraggio per gli animali, sia per l'alimentazione umana. In ultimo non dimentichiamoci la bellezza della specie, che permette il suo impiego anche come pianta ornamentale in giardini privati, orti e parchi pubblici.
Nella realtà il Fico d'India ha una resistenza al freddo più alta di quanto comunemente si pensi, e non subisce danni da freddo fino a temperature di -6° C (21° F) e, se per brevi esposizioni, non muore neppure con temperature minime inferiori. Ciò nonostante, per una produzione ottimale, è consigliabile coltivarli solo in zone in cui raramente le temperature invernali scendano sotto gli 0° C (32° F). In altre parole hanno una rusticità paragonabile a quella degli Agrumi meno resistenti al gelo (ad es. Limone).
Tuttavia, in ambienti tropicali, la produzione fruttifera sarebbe limitata; questo perché le basse temperature favoriscono lo sviluppo di fiori. E' stato osservato che, nel range di temperatura tra 5 e 15° C (41-59°F) la produzione di fiori è circa 10 volte superiore rispetto alla produzione di nuove pale, tra 15 e 25° C (59-77° F) vi è un'egual produzione, mentre tra 25 e 35° C (77-95° F) le nuove pale sono 10 volte superiori ai fiori. Riassumendo, le basse temperature favoriscono la produzione di organi riproduttivi, mentre le alte quelli degli organi vegetativi.
Il Fico d'India può crescere in zone torride, senza subire danni e sopportare temperare massime che ucciderebbero la maggior parte delle altre piante. Questi Cactus, infatti, riescono a sopravvivere anche con temperature superiori ai 50° C (122° F), alcuni autori riportano che le cellule di questa pianta possano non morire, anche dopo brevi esposizioni a 65° C (149° F).
Opuntia ficus-indica è una specie spiccatamente eliofila e un'esposizione in pieno Sole è consigliata. All'ombra la crescita è stentata e la produzione di fiori (e frutti) nulla.
Come più volte accennato, questa Cactacea è assai resistente alla siccità e può crescere su un'ampia gamma di terreni, pur preferendo quelli sabbiosi o rocciosi, ben drenanti, a pH neutro o leggermente alcalino; inoltre è nota la sua tolleranza alla salinità del suolo e alla salsedine dell'aria, non a caso è presente sui declivi costantemente esposti alle brezze marine. La concimazione a base organica, pur aumentando le rese, non è necessaria.
La potatura va effettuata dopo la fruttificazione e prima della ripresa vegetativa. Si effettua eliminando le Pale maldisposte, che si incrociano od entrano in contatto, nonché quelle danneggiate dagli agenti atmosferici.
Il Fico d'India è piuttosto resistente nei confronti dei patogeni e può fruttificare anche senza trattamenti chimici. Ciò nonostante può essere attaccato da più specie di insetti fitofagi appartenenti al genere Dactylopius. Queste cocciniglie, tramite la saliva, iniettano nei cladodi una sostanza tossica, che provoca la comparsa di numerose macchie biancastre dall'aspetto cotonoso. La Mosca Mediterranea della Frutta (Ceratitis capitata) sverna solo nelle regioni più miti d'Italia, le larve della specie si nutrono della polpa dei frutti, preferendo quelli zuccherini e privi di acidità. I Fichi d'India maturano in un periodo in cui molti altri frutti estivi "dolci" sono già maturati, diventando così un ottimo bersaglio per questo insetto.
Temperature invernali sub-letali, possono inibire la fruttificazioni e i ristagni idrici (poco tollerati) facilitano l'attacco di funghi e provocano marciumi radicali.
Varietà, Riproduzione ed Utilizzi :
Il Fico d'India è facile da propagare, i suoi cladodi (o anche dei frammenti) radicano molto velocemente, è dunque semplice la riproduzione per via vegetativa, tramite Talea. La pianta si può moltiplicare anche tramite semina, tuttavia, qualora si volesse una cultivar specifica, si dovrà ricorrere al primo metodo.
Il fatto che i frutti abbiano numerosi semi e che le pale, a contatto col suolo, formino facilmente nuove radici, ha permesso una veloce diffusione della specie che, nelle condizioni climatiche ottimali, è diventata addirittura infestante, crescendo persino tra le rocce.
Piante moltiplicate tramite talea iniziano a fruttificare a partire dal terzo anno e rimangono altamente produttive fino a circa 35-40 anni di età.
Opuntia ficus-indica è una pianta coltivata, prevalentemente, per la produzione dei Fichi d'India, soprattutto in zone aride in cui poche altre piante fruttificherebbero. Si possono ottenere frutti, senza irrigazione, anche in zone in cui cadono meno di 300 mm/anno, ovvero la metà di quelli che cadono a Catania.
La specie ha un ottimo rapporto Biomassa/Acqua e si stima che possa produrre 1 kg di Biomassa secca (peso dopo disidratazione) ogni 150 litri di acqua consumata. Questa peculiarità, se sfruttata a dovere, porterebbe alla produzione di grandi quantità di Biogas e Bioetanolo. Purtroppo, in Italia, la specie è spesso abbandonata a sé stessa, ma non è così in tutto il mondo, nel Sud America (Cile e Brasile) vi sono impianti di Biogas, alimentati dalla Biomassa prodotta da questo Cactus. Anche i semi trovano impiego, essi contengono infatti sino al 30% di Olio.
In Italia, oltre ai frutti, vengono utilizzate anche le Pale, sia come foraggio per gli animali, sia per l'alimentazione umana. In ultimo non dimentichiamoci la bellezza della specie, che permette il suo impiego anche come pianta ornamentale in giardini privati, orti e parchi pubblici.
Complimenti.. articolo bello e completo!
RispondiEliminaGrazie :)
EliminaArticolo davvero interessante. Una domanda: è vero che sarebbe meglio che le pale "guardassero" verso sud? Intendo la parte larga della pala. Grazie
RispondiEliminaL'esposizione a Sud garantisce il massimo irraggiamento, essendo i Fichi d'India piante eliofile (che amano il Sole), l'esposizione Sud è la migliore.
EliminaDi solito si orientano loro verso la luce, quindi da noi verso Sud. Comunque più Sole prendono meglio è. Ciao e grazie.
RispondiEliminaCiao Francesco, ho provato a far crescere dei fichi d’India lungo il confine di un terreno semi montano particolarmente sterile e infecondo in provincia di Messina. Ho piantato numerosi esemplari circa 5 anni fa quando ero bambino, e solo adesso alcuni stanno provando a riprodurre altre piccole pale. Ma principalmente sono rimasti tali e quali negli anni. In vita ma senza svilupparsi minimamente. Volevo chiedere quale potessero essere le cause di un blocco simile da parte della pianta e come poter risvegliare la sua riproduttività. La piante di medio piccole dimensioni sembrano apparentemente vitali e in salute.
RispondiEliminaCiao Filippo. Onestamente non saprei cosa possa essere, i Fichi d'India si sviluppano anche in terreni poveri, addirittura tra le rocce ed anzi, un terreno troppo fertile ed umido spesso fa si che i frutti siano meno saporiti. Magari i primi anni hanno messo radici e da ora in poi inizieranno a svilupparsi al meglio, molte Cactacee sono lente nei primi anni di vita. Prova a vedere cosa succede nei prossimi anni, secondo inizieranno a crescere più veloci. Ciao.
EliminaTi ringrazio Francesco, speriamo. E complimenti per questo articolo.
EliminaGrazie a te, un saluto.
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