Il Tamarindo (Tamarindus indica), da non confondere con il Tamarillo (Cyphomandra betacea), è una pianta tropicale i cui frutti vengono impiegati per uso alimentare ed erboristico.
Com'è e Qual è il Gusto del Tamarindo ?
Il frutto è un baccello lungo fino a 15 cm (6 in) che, a maturità, risulta color marrone chiaro. La parte esterna (buccia) è croccante e, facendo pressione con le dita, tende a sbriciolarsi. All'interno troviamo numerosi semi appiattiti di color nero lucido, avvolti dalla polpa, la quale è la parte commestibile di questo frutto. Essa è color marrone scuro ed ha una consistenza particolare, "appiccicosa e pastosa", che ricorda un po' quella del caramello del Mars. Il sapore è tutto suo, anche se potremmo associarlo a quello di un dattero molto maturo, con in più una nota di acidità, la quale può anche essere del tutto assente in alcune varietà. Il gusto è abbastanza deciso e perciò la polpa può essere diluita e disciolta per produrre bevande, ma può anche esser mangiata tal quale, magari non in quantità industriali.
Origine e Diffusione :
L'esatto luogo di origine del Tamarindus indica è tuttora incerto, tuttavia si ritiene che la specie sia nativa delle zone di savana dell'Africa tropicale, dove cresce selvatica in stati come Sudan, Nigeria, Somalia, Kenya e Tanzania, ma anche in zone molto secche dell'Arabia, come l'Oman. Il suo habitat naturale non è troppo diverso da quello dell'albero icona dell'Africa, il Baobab (Adansonia digitata), a cui spesso cresce affianco. L'attuale distribuzione geografica è di origine antropica, infatti il Tamarindo è coltivato dall'uomo sin da epoche remote ed è oggi presente in tutte le zone tropicali e subtropicali del mondo. Tra i paesi che ne fanno maggior consumo c'è l'India, tanto che il termine "Tamarindo", di origine araba, significa "Dattero d'India".
Nelle zone equatoriali, con piogge abbondanti e ben distribuite durante l'anno, il Tamarindo produce pochi frutti, ma cresce e vegeta ugualmente bene, tanto da essere piantato come albero ornamentale o da ombra, nelle alberature stradali.
In linea di massima il suo areale di coltivazione si spinge, sia a Nord che a Sud, fino ad una latitudine di 30° o poco più.
Botanica e Fisiologia :Il Tamarindo appartiene alla grande famiglia delle Fabaceae (ex Leguminose), la stessa dell'Albizia e della Mimosa, ma anche di Piselli, Fagioli e Fave, come si può evincere dalla forma del frutto (baccello).
Questa specie si sviluppa sotto forma di albero di medie dimensioni, raggiungendo un'altezza di circa 20 metri (6.6 ft) o poco più. La chioma è voluminosa, con una forma allargata, tanto che in alcuni casi fa sembrare tozzo anche un tamarindo adulto che ha raggiunto l'altezza massima.
Il tronco, di norma singolo, è ricoperto da una corteccia color grigiastra che, con l'età, tende a squamarsi ed a creare profonde fessurazioni longitudinali.
Le foglie, sono alterne e composte e, dal rachide principale di ognuna di esse, escono tra 10 e 20 paia di foglioline strette ed allungate, sullo stile di altre leguminose come la Robinia. Le foglie del Tamarindo sono color verde brillante ed hanno una consistenza simile al cuoio, inoltre le foglioline che le compongono hanno la peculiarità di "chiudersi" di notte, avvicinandosi tra di loro.
La specie è considerata sempreverde, tuttavia in ambienti in cui la stagione secca si protrae a lungo possono avere un comportamento semi-deciduo o persino deciduo (per un breve tempo), una sorta di estivazione in piccolo.
L'impollinazione avviene ad opera degli insetti e la pianta è, almeno parzialmente, autofertile, sebbene l'impollinazione incrociata permetta una resa superiore. In un singolo fiore lo stigma (parte femminile) è ricettivo un giorno prima di quando l'antera (parte maschile) produca polline e, nel complesso, un albero isolato produce il 15% rispetto a piante che si impollinano vicendevolmente. Il frutto del Tamarindo è abbastanza lento a maturare e, dalla fioritura al frutto maturo, passano in media 8 mesi.
L'apparato radiale è esteso, profondo e compatto. Ciò permette alla pianta un'ottima resistenza nei confronti dei tifoni tropicali.
Come Coltivare il Tamarindo ? - Clima, Esposizione e Riproduzione
Il Tamarindo è una pianta adattata a crescere in climi tropicali semi-aridi od addirittura aridi, anche in prossimità delle coste, tollerando bene persino l'aria salmastra. Come facile intuire ha un'ottima resistenza alla siccità e può svilupparsi anche laddove vi siano appena 250 mm (10 in) di pioggia annui (vi ricordo che sotto i 200 mm una zona è considerata deserto). La quantità di pioggia ideale per la fruttificazione sarebbe però di 500 mm (20 in). E' importante notare che una stagione secca di almeno 3-4 mesi è necessaria per indurre la fioritura, infatti in zone a clima pluviale (foreste molto piovose tutto l'anno) la produzione è assai scarsa, se non nulla.
Le alte temperature non sono un problema e piante adulte superano senza danni anche ondate con temperature di 45° C (113° F).
Ma è possibile coltivare il Tamarindo in Italia ?
A dir il vero questa specie è anche piuttosto resistente al freddo e, piante adulte, possono sopportare qualche ora a temperature di -2°/-3° C (28-26° F), tuttavia le giovani piantine muoiono anche con leggere gelate. Nonostante il Tamarindo sopporti questi picchi di freddo, un ruolo rilevante per la sua sopravvivenza lo hanno anche le temperature massime invernali infatti, pur resistendo a brevi episodi di gelo leggero, il Tamarindo non sopporta il freddo prolungato. Credo che in alcune zone d'Italia (ad esempio sulle aride coste meridionali della Sicilia, ma non solo) potrebbe farcela, senza né protezione dal freddo, né tanto meno irrigazione estiva; tuttavia la maturazione dei frutti sarebbe cosa più ardua, in letteratura è noto che in climi "freschi" il frutto tende a marcire invece che maturare durante la stagione fredda. Detto ciò bisognerebbe provare, questo è l'unico modo per capire se un Tamarindo riesce a maturare i suoi frutti in Italia.
Il Tamarindo si moltiplica abitualmente tramite semina. I semi devono però essere prelevati da frutti freschi; talvolta i frutti che si trovano in commercio hanno semi con una scarsa vitalità, dato che il frutto si conserva abbastanza a lungo senza marcire e non escludo venga anche frigo conservato. In Italia il periodo migliore per seminare il Tamarindo è Maggio e, con alte temperature e bagnando il terriccio, il germogliamento avverrà entro un paio di settimane. In condizioni ideali, semi freschi (sebbene se conservati in luoghi adatti rimangano vitali per mesi), a 40 giorni dalla semina, hanno una percentuale di germogliamento pari al 70%. Prima di seminare si consiglia di lasciare i semi in ammollo in acqua (a temperatura ambiente) per 24-48 h.
Partendo da seme la crescita è abbastanza lenta ed una pianta di Tamarindo impiega circa 10 anni per raggiungere la maturità ed iniziare a fiorire/fruttificare. Poi però continua a produrre anche fino a 200 anni di età, l'elevata longevità permette ad alcuni esemplari di vivere oltre 300 anni, producendo almeno 150 kg (330 lb) di frutta all'anno (ovviamente nel suo ambiente naturale).
Alternativamente, sia per ridurre i tempi di messa a frutto, sia per propagare la cultivar specifica, si può propagare tramite innesto, che di norma viene eseguito su franco (ovvero il portainnesto è anch'esso un Tamarindus indica, ma ottenuto da seme).
Un albero lontano dalla cultura Italia, ma ben presente in molti alimenti e cosmetici. Quando comprerete creme, succhi, sciroppi o qualcosa di particolare guardate gli ingredienti, non è così raro che troviate la scritta "estratto di Tamarindo".