lunedì 17 aprile 2023

Araucaria : A. araucana, A. heterophylla, A. bidwillii a Confronto - Coltivazione, Clima e Cure

Araucaria è uno dei tre generi (attualmente non estinti) della famiglia delle Araucariaceae, quest'ultima a sua volta facente parte del gruppo delle Gimnosperme.

Esistono all'incirca 20 specie di Araucaria, tutte native dell'emisfero australe. Buona parte di esse sono originarie proprio dell'Australia, mentre altre popolano il Sud America o nel Pacifico Meridionale.
Alcune Araucaria sono tra le poche specie di conifere ad essersi adattate ai climi tropicali, mentre altre, distribuite più a Sud (es. Cile), si sono evolute per vivere in climi anche molto freddi. 

In linea di massima tutte le Araucaria sono piante sempreverdi a singolo tronco, che raggiungono dimensioni ragguardevoli e devono esser piantate laddove vi sia sufficiente spazio; inoltre, rispetto alle classiche Conifere Europee o Nord Americane (Abete, Larice, Strobo, etc.), hanno gli Aghi massicci, più tozzi, talvolta a forma triangolare e particolarmente pungenti

Araucaria araucana

Tra tutte le specie, in questo articolo vorrei parlare delle tre più coltivate in Italia, ovvero :

  • Araucaria araucana : la specie più diffusa in Italia, anche in virtù della sua elevata resistenza al freddo.
  • Araucaria heterophylla (sin. Araucaria excelsa): nota anche come Pino di Norfolk, comune nel Sud Italia.
  • Araucaria bidwillii : chiamata anche Bunya, un po' meno comune rispetto alle precedenti, ma con un portamento particolare (vedi sotto).

Araucaria araucana :

Questa conifera è nativa del Cile (è infatti chiamata Araucaria del Cile, oltre ad esser l'albero nazionale cileno) e la sua distribuzione sconfina anche nella vicina Argentina. L' A. araucana cresce ai piedi delle Ande, nelle vallate, di norma ad una latitudine compresa tra 37° S e 40° S ed un'altitudine superiore ai 1000 metri (3300 ft), in un habitat contraddistinto da temperature rigide, elevata piovosità ed abbondanti nevicate. Non a caso questa è la specie di Araucaria più resistente al gelo e può crescere addirittura nelle zone meno fredde della Scandinavia (es. Norvegia); non sorprende dunque che sia anche la specie del genere più coltivata nel Nord Italia, dove sopravvive a gelate con temperature comprese tra -15° (5°F) e i -20° C (-4° F).

Il tronco è massiccio, color bruno/grigiastro, resinoso e su di esso sono presenti le cicatrici lasciate dalle vecchie ramificazioni; esso può raggiungere un diametro di 150 cm (4.9 ft), mentre la pianta può crescere anche 40 metri (131 ft) in altezza
Il portamento è piramidale, tuttavia la parte più larga della chioma solitamente è quella corrispondente ai rami che partono dalla parte centrale del fusto. I rami (tranne quelli molto vecchi) sono quasi orizzontali e leggermente incurvati verso l'alto all'estremità, rendendo la specie sensibile ai danni meccanici da neve.

Le foglie, lunghe come la falange di un dito, sono appuntite, a forma triangolare ed assai taglienti; esse più che aghi assomigliano a delle squame e permangono sul ramo sino a 15 anni, essendo perciò presenti anche su rami adulti e di notevole diametro.

La Araucaria araucana è considerata specie dioica, tuttavia esistono esemplari che portano sia coni maschili, che femminili; questi ultimi maturano in 2-3 anni, all'apice dei rami, hanno forma sferica e sono particolarmente appariscenti.
A maturazione ogni cono femminile può contenere fino a 200 semi, i quali cadono a terra e vengono sparsi prevalentemente da roditori. 

Coni Femminili Araucaria araucana
Questa conifera non inizierà a fruttificare prima dei 30-40 anni di età, tuttavia è una specie molto longeva, potendo superare agevolmente i 1000 anni di età

La A. araucana non presenta particolari difficoltà di coltivazione e si adatta ad un'ampia gamma di suoli. Nel Nord Italia si preferisce coltivarla in pieno Sole e non vi saranno problemi né di caldo in estate, né di freddo in inverno; mentre nel Sud Italia, in zone troppo calde ed aride potrebbe patire un po' durante i primi anni dall'impianto ed è dunque preferibile un'esposizione a mezz'ombra ed una buona irrigazione. In linea di massima l'A. araucana è più adatta al clima del Nord Italia.

La crescita è costante ma, soprattutto nei primi anni di vita, assai lenta e non supera mai i 30 cm (12 in) all'anno. Viene coltivata come pianta ornamentale, anche per l'aspetto che, a volte, può ricordare quasi quello di qualche Cactacea.
Ricordatevi però che sul lungo periodo diventa una pianta enorme, con radici estese, che possono danneggiare le abitazioni; di conseguenza non deve mai esser piantata in piccoli giardini o troppo vicino agli edifici, anche perché (un po' come in tutte le conifere) la potatura è mal sopportata ed induce sviluppi atipici (ed antiestetici) e non è dunque possibile contenerne le dimensioni potando.

Araucaria heterophylla :

Albero nativo della piccola isola di Norfolk, nell'Oceano Pacifico ad una latitudine di 29° S, è giustappunto chiamato Pino di Norfolk. Diversamente dalla precedente, l'A. heterophylla è piuttosto sensibile al freddo e può sopportare solo sporadici abbassamenti di temperatura poco al di sotto degli 0° C (32° F) ed è perciò diffusa solo nelle aree costiere del Centro-Sud Italia

Nei luoghi di origine può raggiungere un'altezza massima di 60 metri (197 ft), sebbene in Italia raggiunga dimensioni inferiori (circa la metà). La chioma è a forma conica, elegante, con rami perfettamente orizzontali (paralleli al suolo), molto lunghi nella parte bassa della pianta e corti all'estremità superiore. A differenza dell'A. araucana, i rami sono poco folti e la chioma risulta ben più pulita, ordinata e perfettamente simmetrica, con un profilo a "triangolo isoscele"

Le foglie sono eterogenee (da qui il nome dell'epiteto della specie); quelle più giovani sono più lunghe, sottili, tenere (non pungenti), di color verde chiaro ed hanno l'aspetto dei classici aghi delle Conifere nostrane, mentre le foglie più vecchie ricordano quelle del genere e sono imbricate, più corte, rigide e taglienti. I corti rami secondari e le foglie sono posizionati (su quelli primari) verso l'alto, conferendo il tipico aspetto a "V". 

La pianta è molto ornamentale e, anche grazie alla sua naturale resistenza al sale ed al vento, è ora coltivata nelle aree costiere a clima subtropicale umido o Mediterraneo.

Indubbiamente l'A. heterophylla è più adatta al clima costiero del Sud Italia, anche se potrebbe farcela nei microclimi più miti dei grandi laghi del Nord Italia (vedi Lago Maggiore), oltre che ovviamente lungo la riviera Ligure. 

La pianta ha un notevole sviluppo, ma è a crescita lenta, di conseguenza può esser coltivata qualche anno come pianta da appartamento.

Araucaria heterophylla

Araucaria bidwillii :

Nativa delle zone paludose del Queensland, in Australia, è una specie che in Italia è sicuramente meno diffusa e coltivata rispetto alle due precedenti. Come resistenza al freddo si colloca probabilmente a cavallo tra le due, ma più vicino alla A. heterophylla, resistendo a temperature di qualche grado sotto lo zero

Foglie Araucaria bidwillii
Nei luoghi d'origine può raggiungere un'altezza di 50 metri (164 ft), con un diametro del tronco di 150 cm (5 ft), mentre piante cresciute nei climi Mediterranei raramente superano i 30 metri (98 ft).

Da adulta la pianta assume una forma inusuale, con una chioma a forma di cupola. I rami, prevalentemente concentrati nella parte alta della pianta, posseggono ciuffi di foglie solo alla loro estremità, rimanendo spogli per la maggior parte della loro lunghezza. La parte di ramo scoperta mantiene pochissime foglie "secche" che diventano taglienti e pungenti come delle spine.

Come nel Pino di Norfolk (ma meno marcatamente), anche qui le foglie sono differenti a seconda dell'età : nella fase giovanile sono più tozze e color verde chiaro, mentre da adulte diventano più allungate e verde scuro. 

La specie è monoica ed i coni femminili possono pesare addirittura 10 kg (22 lbs), con all'interno oltre 50 semi, i quali, una svolta sgusciati, sono commestibili e di buon sapore

Tronco Araucaria bidwillii

Araucaria bidwillii


lunedì 20 marzo 2023

Mirto (Myrtus communis) - Coltivazione ed Utilizzo dei Suoi Frutti

Il Mirto (o Mortella) è, insieme al Corbezzolo, uno dei simboli della Sardegna, nonché una delle specie più rappresentative e tipiche della macchia Mediterranea. Buona parte di voi conoscerà il Mirto per via del famoso liquore fatto con le sue bacche, tuttavia questo arbusto si presta molto anche ad essere coltivato come pianta ornamentale, per via del bel fogliame persistente e della splendida fioritura. 

Origine, Storia, Usi ed Inquadramento Botanico :

Myrtus communis
Il Mirto (Myrtus communis) appartiene alla grande famiglia delle Myrtaceae,  al cui interno sono presenti diverse centinaia di specie, come ad esempio l'Eucalipto. Il genere (Myrtus) è invece piccolo ed è composto da due sole specieMyrtus nivelii, nativo delle zone montagnose tra Algeria e Ciad ed il più diffuso Myrtus communis, nativo delle regioni che si affacciano sul mar Mediterraneo e molto presente anche in Italia, sia allo stato selvatico, sia in coltivazione.  

La distribuzione attuale si spinge ad occidente sino alle Isole Canarie, mentre ad oriente sino all'Asia centrale. In Italia è presente nelle zone costiere, dal livello del mare sino ad un'altitudine di circa 600 metri (1970 ft) o poco oltre ed ha una maggiore diffusione sul versante tirrenico (ad Ovest dell'Appennino) e, in regioni come la Sardegna, colonizza ettari ed ettari di territorio della Macchia Mediterranea Bassa.

Le foglie del Mirto sono molto aromatiche e, solo accartocciandole, emanano un odore inteso; da esse si estrae un Olio essenziale noto come Mirtolo (o Canfora di Mirto) ed utilizzato in erboristeria come antisettico, balsamico e lassativo, ma anche in profumeria come deodorante o per fare saponi. Le foglie essiccate (ma anche le bacche) possono esser utilizzate anche per aromatizzare piatti a base di carne o di pesce. Si può fare anche una confettura con le bacche di Mirto, spesso abbinata alla degustazione di formaggi. Ovviamente dalla macerazione alcolica delle bacche si può ottenere il Liquore di Mirto, noto in tutto il mondo come digestivo.

Fioritura Myrtus communis
Come è Fatto il Mirto ?

Risveglio Vegetativo
Myrtus communis è una specie sempreverde che si sviluppa sotto forma di arbusto molto ramificato e, tendenzialmente, multi-tronco. La chioma è folta e tende ad avere una forma arrotondata, in cui larghezza ed altezza raggiungono, senza interventi di potatura, più o meno le stesse dimensioni. L'altezza (e la larghezza) dopo una ventina di anni è di circa 3 metri (10 ft) o poco più, tuttavia con opportune potature si possono tenere Mirti belli e produttivi alti non più di 1 metro (3.3 ft). La forma della chioma, la tolleranza a severe potature, così come la presenza di rami anche nella parte bassa della pianta rende il Mirto un'ottima specie sia come pianta da bordura, sia per la realizzazione di siepi sempreverdi

Le foglie, dotate di un corto picciolo, sono opposte, di piccole dimensioni, a forma lanceolata ed acuminata, con la pagina superiore dall'aspetto traslucido. 

I fiori sono solitari, spuntano all'ascella della foglia, hanno un diametro medio di circa 3 cm (1 inch), sono bianchi ed hanno, come tipico delle Mirtacee, un numero elevatissimo di stami (circa 40-50) e cinque petali. Nel complesso i fiori del Mirto possono ricordare i fiori della Guava. La fioritura è molto copiosa ed avviene, di norma, nella tarda primavera/inizio estate (Maggio-Luglio); tuttavia, soprattutto nelle regioni del Sud Italia, non è raro che vi sia anche una seconda fioritura nel periodo che va dalla tarda estate (Agosto) all'autunno

Boccioli
A seguito dell'impollinazione (tipicamente ad opera delle Api) vi è l'allegagione e la produzione di frutti. Questi ultimi sono delle bacche ellissoidali di piccole dimensioni, hanno un rivestimento ceroso e sono di color blu-nero-violaceo, in rari esemplari i frutti sono addirittura bianchi. La maturazione dei frutti avviene dal tardo autunno (Novembre) in poi ed i frutti permangono sulla pianta a lungo senza marcire, talvolta addirittura sino alla primavera successivaMyrtus communis è una specie autofertile, dunque vi sarà fruttificazione anche in presenza di un'unica pianta. 

Le radici del Mirto Comune sono possenti e, una volta sviluppatesi, sostenteranno la pianta anche durante lunghi periodi di carenza idrica. 

Tra le varietà di Mirto vorrei citare il Myrtus communis var. Tarentina, un clone che si differenzia per una maggior tolleranza al freddo, oltre ad avere un portamento più compatto e foglie più piccole, numerose e coriacee rispetto al "classico" Mirto. Essendo una varietà "nana", gli internodi dei rami sono più ravvicinati, dando così alla chioma un aspetto più "denso". Sebbene a prima vista possano sembrare simili, ad un occhio attento basterà un attimo per distinguere il Mirto Tarantino dal classico Mirto.

Fiore

Foglie

Come Crescere il Mirto ? - Coltivazione, Clima, Potature, Riproduzione

Come visto in precedenza il Mirto è una specie tipica della macchia mediterranea ed è, di conseguenza, adattato al clima costiero, alla salsedine nell'aria ed all'aridità.

M. communis è un arbusto che gradisce esposizioni soleggiate, le quali favoriranno uno sviluppo ottimale ed un'abbondante fioritura/fruttificazione; tuttavia può crescere anche a mezz'ombra, mantenendo un portamento elegante ed una fioritura accettabile. Cosa certa è che non soffre l'eccessiva insolazione e, anche se piantato nel mezzo del vostro giardino con il Sole dall'alba al tramonto, non avrà mai un aspetto floscio e sofferente.

Ottima è anche la resistenza alla siccità, in natura infatti sopravvive ad estati calde e torride, in cui magari non vede una goccia d'acqua per tre mesi. Un Mirto acclimatato, dunque, non richiederà innaffiature e, se vivete in zone molto calde del Sud Italia, al limite smetterà di crescere durante i mesi più caldi. Può essere utile bagnare il Mirto (solo in estate) durante il primo/secondo anno dall'impianto, giusto il tempo affinché riesca a sviluppare radici che gli permettano di resistere all'assenza di piogge. Piante irrigate crescono però più velocemente.

Myrtus communis var. Tarentina
Il fatto che sia una pianta della macchia mediterranea (per di più "bassa") non vi tragga in inganno, il Mirto ha una discreta resistenza al freddo e con opportuni accorgimenti può esser coltivato con successo anche in buona parte del Nord Italia, Pianura Padana compresa. In linea di massima il Mirto resiste a temperature minime nell'ordine dei -10° C (14° F), probabilmente anche inferiori con qualche danno alle foglie. Fortunatamente, come molte altre specie di Mirtacee, anche il Mirto può sopportare piuttosto bene la defogliazione e, anche in seguito a gelo prolungato, i rami non seccano ed in primavera riformeranno nuove foglie e spesso anche fiori. In zone fredde dove in inverno il gelo è una costante, le foglie del Mirto (soprattutto quelle più giovani) possono assumere tonalità rossastre, senza che questo comprometta più di tanto la salute della pianta. 

Il Mirto preferisce terreni a pH neutro o sub-acido, ma è molto adattabile e prospera anche su suoli sassosi e poveri di sostanza organica. In coltivazione la concimazione risulta per lo più superflua e tranquillamente evitabile. Gli unici suoli da evitare sono quelli in cui si creino ristagni idrici importanti e duraturi, che potrebbero far marcire le radici (come facile immaginare, una pianta mediterranea non ama avere le radici zuppe per lungo tempo).

Fioritura

Date le piccole dimensioni, il Mirto si presta bene anche alla coltivazione in vaso, avendo cura di usare di anno in anno vasi via via di maggior diametro, aggiungendo nuovo terriccio ogni inizio di stagione. Ovviamente, dopo 10 anni il vaso potrebbe diventare limitante, ma se è di grosse dimensioni supporterà ugualmente lo sviluppo, tuttalpiù rallentandone la crescita annua. 

Questo arbusto è per sua natura rustico e resistente ai principali patogeni, anche se talvolta possono verificarsi attacchi di Mal Bianco alle foglie. L'unico fungo che può arrecare gravi danni al Mirto è il Cylindrocladium scoparium.

Il Mirto riesce a sopportare potature molto energiche, ributtando vigorosamente; non a caso si presta anche per la creazione di una siepe sempreverde. La potatura, se lo si coltiva a siepe, ha lo scopo di conferire un aspetto regolare, con lati ben delineati, mentre se lo si coltiva come arbusto isolato (o di bordura) non è assolutamente necessaria e la potatura ha come unico compito quello di ridurre le dimensioni della pianta. Il fatto che regga potature drastiche permette di mantenere il Mirto delle dimensioni desiderate (anche sotto il metro di altezza), senza che ciò ne comprometta la fioritura, né tantomeno lo sviluppo. Anche in caso di potature malfatte il Mirto fiorirà e produrrà le sue preziose bacche, questo perché i boccioli fiorali si sviluppano all'apice dei rami della nuova vegetazione e non sul legno dell'anno precedente

Sebbene si possa riprodurre tramite seme, di norma il Mirto non si propaga per semina, anche perché la germinazione ed il successivo sviluppo sono lenti e ci vorrà qualche anno per aver delle belle pianticelle pronte per essere piantate in piena terra nel vostro giardino. Il metodo di moltiplicazione più veloce ed usato è senza dubbio la Talea; essa deve esser effettuata sul finir dell'inverno, prima della ripresa vegetativa. Bisognerà prendere uno o più rametti di giovane età, rimuovere quasi tutte le foglie (al limite lasciandone 3-4 all'apice) ed interrare i rametti in vasi contenenti terriccio sub-acido e sabbia; dopodiché dovrete collocare i vasi in zone luminose, ma senza Sole diretto e mantenere una certa umidità del terreno. Quando le temperature primaverili permetteranno la ripresa vegetativa, se avete fatto tutto correttamente, i vostri rami inizieranno a radicare e, nel giro di un paio di mesi, ci sarà la nuova vegetazione e le nuove radici. Continuate a curare la pianta per tutta la stagione e, la primavera successiva, il vostro "nuovo" Mirto sarà pronto per esser trapiantato o rinvasato. 

Frutti di Mirto

Nuova Vegetazione Myrtus communis

mercoledì 8 febbraio 2023

Lantana - Coltivazione e Resistenza al Freddo

Lantana è il nome di un piccolo arbusto perenne che sicuramente avrete notato, magari senza identificarlo, in villeggiatura. La specie è infatti molto comune come piccola pianta fiorifera ornamentale e viene coltivata nelle aiuole dei "lungomari", così come in grossi vasi collocati nei giardini degli hotel di zone costiere. 

In questo articolo vorrei fare un po' di chiarezza sul genere Lantana, specificando quali sono le specie più rappresentative ed adatte alla coltivazione nelle diverse zone climatiche italiane

Infiorescenza Lantana

Origine, Storia e Distribuzione :

Lantana è un genere, appartenente alla famiglia delle Verbenaceae, che annovera al proprio interno circa 150 specie, native delle zone tropicali Africa ed America. Oggigiorno molte di queste specie non solo sono coltivate altrove, ma si sono addirittura naturalizzate in diverse aree calde dell'Asia e dell'Oceania

Alcune delle specie di Lantana sono :

  • Lantana camara : chiamata anche Lantana comune, è indubbiamente la specie più diffusa, nonché quella a cui mi riferirò parlando genericamente di "Lantana". E' nativa dell'America Centro-Meridionale, ma essendo invasiva si è naturalizzata in vaste aeree del Sud-Est asiatico e dell'Australia. E' una specie sensibile al freddo e produce fiori di diversi colori, a seconda della cultivar.
  • Lantana montevidensis : nativa dell'Uruguay è una specie a portamento rampicante, con fiori di color lilla. Ha una rusticità superiore rispetto alla L. camara, ma è meno infestante.
  • Lantana involucrata : nativa della Florida meridionale, è un piccolo arbusto con foglie aromatiche (se strofinate ricordano la Salvia). Produce fiori bianchi, macchiati di giallo nella parte centrale oppure, in altre selezioni, sono di color lavanda. Rusticità simile alla L. montevidensis.
  • Lantana urticoides (sin. Lantana horrida) : originaria del Texas, è un piccolo arbusto assai ramificato, che produce infiorescenze giallo-arancioni, i cui fiori sono ben apprezzati dagli insetti (farfalle in primis). Abbastanza rustica, resiste al gelo di media intensità. 
  • Lantana trifolia : nativa del Messico, è una un piccolo cespuglio a crescita eretta, caratterizzato da foglie composte da tre foglioline color verde scuro disposte a spirale. I fiori sono color rosa/arancione. Specie sensibile al gelo.
  • Lantana achyranthifolia : chiamata anche Lantana del Deserto, è anch'essa nativa del Texas e prospera in zone aride. Ha una resistenza alla siccità superiore a quella delle altre Lantane ed è pure tra le più resistenti al freddo, potendo sopravvivere addirittura in una zona USDA 7. 
Oltre alle specie "selvatiche" innumerevoli sono gli ibridi e le cultivars di Lantana, frutto della selezione fatta dall'uomo nel corso degli anni.


Com'è Fatta la Lantana ? - Botanica e Fisiologia 

L. camara è una pianta a sviluppo arbustivo, con un portamento cespuglioso ed una chioma arrotondata e densa. L'altezza di questa pianta varia sia in funzione della varietà, sia in funzione delle condizioni di crescita, tuttavia in Italia non supera quasi mai un'altezza (e una larghezza) di 2 metri (6.6 ft); tuttavia, con opportune potature si può mantenere di dimensioni ben più ridotte.

Foglie Lantana camara
Questa pianta ha foglie ovali, opposte, di medie dimensioni che, se accartocciate, emanano un odore deciso. La Lantana, di norma, non ha un vero e proprio tronco, ma è formata da più fusti, ognuno dei quali è molto ramificato; tuttavia, all'occorrenza, si può crescere anche ad "alberello" con un unico tronco. I germogli danno origine a giovani rami che hanno la peculiare sezione quadrata (sebbene meno marca rispetto al Psidium guajava), oltre a presentare piccole spine ricurve.

L'apparato radicale è superficiale e le radici intricate formano una sorta di "tappeto" esteso.

L'infiorescenza ha un diametro di circa 5 cm (2 in) ed è a forma sferica, composta da numerosi piccoli fiori, a forma tubolare e rivolti verso l'esterno, che emanano un odore (non proprio profumo) caratteristico. Le infiorescenze (Corimbi per la precisione) sono poste all'apice dei nuovi rami ed ognuna di esse contiene un numero di fiori variabile tra 20 e 40. Essi sono delle tonalità più disparate, anche a seconda della varietà, ma di norma il colore spazia dal bianco, al giallo/arancione, passando per il rosa-violetto ed il porpora. I fiori della Lantana hanno evoluto una strategia davvero ingegnosa. Nella maggior parte delle piante, il colore base del fiore è giallo, ma a seguito dell'impollinazione vira su tonalità più accese (rosso, viola etc, con diversità da clone a clone); questo è un segnale per gli insetti impollinatori, più attratti dal giallo che dal rosso. La pianta usa questo stratagemma per preservare il  proprio polline e far sì che gli insetti riescano a capire (preferire) quali siano i fiori non ancora impollinati, rispetto agli altri.

Nei climi tropicali, soprattutto in quelli con piogge ben distribuite, la fioritura è continuativa; mentre in Italia il periodo di fioritura corrisponde a quello della bella stagione, tendenzialmente nei mesi che vanno da Maggio ad Ottobre

I frutti sono delle drupe rosso-violacee di circa 5 mm (0.2 in), contenenti 2 semi e, se ingeriti da acerbi (quando ancora verdi), sono tossici. 

Tronco Lantana camara

Coltivazione, Clima, Cure e Propagazione

In climi tropicali la specie è sempreverde, mentre laddove fa freddo può assumere un comportamento semi-deciduo o anche deciduo.  In linea di massima Lantana camara è una specie sub-tropicale e sensibile alle basse temperature, che dovrebbe esser coltivata all'aperto solo in zone esenti da gelo; tuttavia può sopportare qualche effimero episodio sottozero, comunque non oltre i -2° C (28° F). Tuttavia non disperate, anche se non vivete nelle zone più calde della nostra penisola c'è una possibilità; infatti sono in commercio diversi ibridi che hanno una rusticità ed una resistenza al freddo decisamente superiore a quella della "pura" L. camara. Ad esempio, la Lantana "Sunny Side Up", un incrocio tra L. camara and L. montevidensis, può sopravvivere a temperature inferiori ai -10° C (14° F) ed sul mercato si possono trovare anche altri ibridi, tra cui Lantana "Miss Huff", che è probabilmente la Lantana più resiste al gelo che esista.

Fiori Lantana
Nelle aree tropicali, la L. camara è considerata una specie infestante, produce infatti molti semi che germinano facilmente e gli uccelli, cibandosi dei frutti, li trasportano ovunque. La specie prospera in zone assolate, mentre mal si sviluppa con esposizioni ombrose, per questo motivo non è specie invasiva all'interno (nel sottobosco) delle foreste, bensì ai margini di esse oppure laddove un incendio abbia lasciato campo libero. 

Questo arbusto gradisce un'esposizione quanto più soleggiata possibile, tuttavia, pur fiorendo meno, si può coltivare anche a mezz'ombra, mentre in posizioni ombreggiate si sviluppa poco e male.

Il terreno ideale è profondo, subacido, ricco di sostanza organica e con una tessitura che lo mantenga umido, ma senza che si formino pericolosi ristagni idrici. La Lantana ha una media resistenza alla siccità ma, soprattutto da giovane, richiede di essere irrigata con regolarità, mentre una volta affrancata, in estate, basterà innaffiarla un paio di volte al mese. Se la pianta viene bagnata in estate aumenta sia la vigoria, sia la velocità di crescita.

Per ottenere una fioritura copiosa, con grosse infiorescenze, si dovrebbe concimare ogni tre settimane con fertilizzanti per piante da fiore; ciò nonostante, in un terreno non eccessivamente povero, fiorisce anche se abbandonata a sé. Attenti!! Un'eccessiva concimazione (soprattutto se a ricca in Azoto) potrebbe aver l'effetto opposto e spingere la pianta a produrre molte foglie e pochi fiori. 

Infiorescenza Lantana camara
La Lantana si presta bene anche ad esser coltivata in vaso, condizione che però richiederà maggiori attenzioni, sia per quanto riguarda l'irrigazione, sia per la concimazione. 

La potatura si effettua a partire dal tardo autunno (quando la pianta smette di fiorire ed entra in riposo vegetativo) e di solito consiste nell'eliminazione dei rami morti, nel diradamento della chioma ed, eventualmente, per mantenerla delle dimensioni gradite. I rami rimasti dopo la sfoltita possono esser accorciati di circa 1/3, favorendo così l'emissione di fiori durante la primavera successiva.

Questo arbusto è molto rustico in quanto le foglie producono un repellente naturale contro molti insetti, non va quindi trattata con antifungini. Può capitare, talvolta, un leggero attacco di Afidi, ma si risolve da solo, senza compromettere né la salute della pianta, né la fioritura.

La specie si può propagare per semina, da effettuarsi sul finire dell'inverno, mantenendo una temperature superiore ai 16° C (61 ° F) e terreno umido. Alternativamente, in zone fredde, la germinazione avverrà più tardivamente.

Ovviamente se si vuole mantenere l'esatto clone si deve propagare per via vegetativa. In questo caso si riproduce tramite talea, prelevando (in Luglio-Agosto) giovani rami lunghi circa 10 cm (4 in) che, dopo aver rimosso le foglie, sono da interrare e far radicare, mantenendo una temperatura di almeno 20° C (68° F) con terreno umido.

Ecco, ora potrete dire "quella" è una Lantana camara e, magari, vi diletterete nella sua coltivazione.

Forma Arbustiva Lantana

Fioritura Lantana


mercoledì 25 gennaio 2023

Le 15 Migliori Varietà di Ciliegio (Prunus avium)

Del Ciliegio Dolce (Prunus avium), e della sua coltivazione, ne avevamo già parlato qui. Oggi vorrei approfondire la conoscenza sulle varietà, illustrando e facendo una breve descrizione di quelle che reputo le miglior Cultivars di Ciliegio.

Le differenze varietali nel Ciliegio sono meno marcate rispetto a quelle di altre specie fruttifere, tuttavia i vivai commercializzano diverse varietà, propagandole esclusivamente tramite innesto.

Ma in cosa in Ciliegio differisce da un altro clone ? :

  • Colore del Frutto : tutti sappiamo che le Ciliegie sono rosse, tuttavia esistono sfumature diverse, che vanno dal rosa pallido, al rosso intenso, al quasi nero, inoltre esistono anche varietà a frutto giallo o bianco.
  • Forma e Dimensione del Frutto : esistono Ciliegie di grosso calibro (fino a 35 mm di diametro), così come di piccolo (anche inferiore ai 25 mm). Anche la forma può variare notevolmente, passando da quasi sferica, sino ad ovale o persino cuoriforme.
  • Periodo di Maturazione : purtroppo, diversamente da altre fruttifere (es. Pero), la finestra temporale in cui maturano le Ciliegie è piuttosto ristretta ed, in Italia, va da metà maggio, sino a fine giugno, forse poco oltre con Ciliegi tardivi coltivati in quota. Comunque esistono cultivars più precoci ed altre più tardive.
  • Vigoria : quest'ultima dipende sia dal clone, sia dal portainnesto. Esistono varietà che, se innestate sul giusto portainnesto (es. Gisela), si mantengono nane, superando di poco i 3 metri (10 ft) di altezza, altre invece crescono anche 20 metri (66 ft). 
  • Portamento : alcuni Ciliegi formano una chioma tondeggiante, altri hanno uno sviluppo più verticale (assurgente) od addirittura colonnare.
  • Fiori : la maggior parte dei Ciliegi è autosterile; tuttavia, di recente, sempre più varietà son state brevettate per esser autofertili, così da poter permettere la produzione anche di una pianta isolata. Inoltre i diversi cloni di Ciliegio possono fiorire più o meno precocemente. La fioritura tardiva è preferibile in zone freddo in cui sussista il pericolo di gelate primaverili.
  • Sapore : il contenuto acquoso (succosità), così come il grado zuccherino o l'acidità possono variare, oltre che dalle tecniche di coltivazione e dal terreno, da clone a clone.
Ciliegie a Confronto

Di seguito troverete una lista delle 15 cultivars che presentano caratteristiche particolari e che, spero, possano aiutare coloro che stanno decidendo quale Ciliegio piantare nel proprio giardino/orto.


1) Ciliegio "Napoleon" :  varietà di origine francese a produzione media, anche se la messa a frutto è piuttosto lenta. Questo clone è autosterile e necessita dunque altre varietà per l'impollinazione. I frutti sono di grosse dimensioni, a forma di cuore e dal caratteristico colore rosso tenue a tratti "sbiadito", che lascia vedere sfumature gialle nella parte del frutto meno esposta al Sole. La maturazione avviene in epoca intermedia. La polpa risulta soda e zuccherina. 

Ciliegio "Napoleon"
Ciliegio "Durone di Vignola III"
2) Ciliegio "Durone di Vignola III" : esistono tre cultivars di Vignola, questa (la terza) è la più tardiva delle tre, nonché una delle varietà più tardive in assoluto, maturando ben 42 giorni dopo Burlat (considerata la varietà "di riferimento"). Pianta autosterile di origine italiana (Vignola per l'appunto), produce grossi frutti rosso-nerastri, succosi e saporiti. Pianta di vigore medio a portamento assurgente. Matura ad inizio Luglio. 

3) Ciliegio "Limona" :  antica varietà ora alquanto ricercata. La peculiarità è che produce ciliegie dal color giallo paglierino, che diventa più intenso a maturazione. Il frutto è di media pezzatura, a forma un poco irregolare. Il sapore è dolce e, a maturazione, è quasi assente l'acidulo che caratterizza tutte le altre ciliegie "rosse". La varietà è autofertile, la maturazione è medio-tardiva ed avviene nella seconda metà di giugno. Il colore del giallo del frutto fa si che venga risparmiato dagli uccelli. 

Ciliegio "Limona"
4) Ciliegio "Sunburst" : pianta a portamento espanso, di media vigoria e a maturazione intermedia (prima settimana di Giugno). La pianta è autofertile ed i frutti sono color rosso vivo, sferici e di grosse dimensioni. Una delle principali caratteristiche di questo clone è che la fioritura, oltre ad essere copiosa, è piuttosto scalare, con alcuni boccioli ancora chiusi, insieme a fiori già "sfioriti". Questa "lunghezza" di fioritura rende il Ciliegio Sunburst un ottimo impollinatore per quasi tutte le varietà autosterili, sia quelle a fioritura precoce, sia quelle a fioritura tardiva.

Ciliegio "Sunburst"
5) Ciliegio "Kossara" : a volte chiamato anche "Kosara", è una selezione di origine Bulgara ad oggi ancora sotto brevetto (e dunque non riproducibile liberamente). Viene citata in quanto è a maturazione precocissima, addirittura 10 giorni prima del Ciliegio Burlat e può esser pronta già nella prima metà di Maggio. Cultivar autosterile, a fioritura precoce. La produzione è elevata ed i frutti sono di grande dimensioni, cordiformi, color rosso lucente e di buone qualità organolettiche. La pianta ha un'elevata vigoria ed un portamento tendenzialmente assurgente.

Ciliegio "Cornetta"
6) Ciliegio "Cornetta" : chiamato anche "Corniola", deve il suo nome al fatto che i frutti hanno una forma allungata ed appuntita, che per l'appunto ricorda molto quella del frutto del Corniolo (Cornus mas). E' un'antica varietà diffusa soprattutto in Emilia Romagna. I frutti maturano tardivamente (verso fine Giugno, inizio Luglio), sono rossi, sodi, dolci, ma non troppo succosi. Il portamento della chioma è assurgente e la pianta è mediamente vigorosa.  Ciliegio rustico, i cui frutti sono poco sensibili agli attacchi di Monilia. Clone autosterile. 

Ciliegio "Narana"
7) Ciliegio "Narana" : selezione di Ciliegio molto precoce, sia nell'epoca di fioritura, che in quella di maturazione dei frutti. Questo Ciliegio è molto vigoroso e produce una fioritura molto abbondante, tuttavia i fiori sono autosterili ed è necessaria l'impollinazione incrociata con altri ciliegi. Le Ciliegie, che maturano a metà Maggio, sono di grosse dimensioni, succose, a forma arrotondata, di color rosso molto scuro, quasi nero e di sapore dolce.

8) Ciliegio "Celeste" : originaria del Canada è una cultivar  autofertile e dunque adatta a chi voglia avere un unico Ciliegio. La pianta è vigorosa ed a portamento assurgente, tuttavia rimane abbastanza compatta ed è adatta agli impianti intensivi. La fioritura avviene in epoca intermedia, mentre i frutti hanno maturazione medio-precoce (fine Maggio). Essi sono di medio-grosse dimensioni, colore rosso vino con sovracolore di tipo punteggiato. Questo Ciliegio si distingue per l'ottima rusticità, i frutti difficilmente son soggetti al "Cracking" (rottura in seguito a piogge), oltre ad aver una buona resistenza dei confronti della Monilia

Ciliegio "Imperiale di Caserta"
9) Ciliegio "Imperiale di Caserta" : cultivar autofertile a maturazione medio-precoce (inizio Giugno). La pianta ha portamento espanso, è mediamente vigorosa e molto produttiva. Le Ciliegie sono di pezzatura media e di color giallo, ma più intenso rispetto a quello del Ciliegio Limona, ed hanno un ottimo sapore, dolce. Varietà antica e ricercata.

10) Ciliegio "Sweet Heart " : clone di origine Canadese sotto brevetto, è uno dei migliori tra i Ciliegi a maturazione tardiva. La cultivar è autofertile, con frutti che maturano verso fine Giugno. Essi sono color rosso scuro, succosi, dolci e di buon sapore. La pianta è di medio vigore, a portamento espanso e di rapida messa a frutto. Questa varietà si contraddistingue, oltre che per la buona resistenza alla Monilia, anche per la persistenza dei frutti sulla pianta, i quali possono rimanere (maturi) sulla pianta per quasi due settimane, senza spaccature. 

Ciliegio "Sweet Heart "
11) Ciliegio "Kordia" : selezionato negli anni '70 nella Repubblica Ceca, è una tra le varietà più diffuse e coltivate al mondo. E' autoincompatibile e fiorisce medio-tardivamente. Anche la maturazione è piuttosto tardiva (di solito dal 20 Giugno in poi). I frutti sono cuoriformi, medio-grossi e di color rosso scuro. Le Ciliegie sono particolarmente buone, con una polpa aromatica. La produzione è elevata, ma talvolta incostante. La pianta è vigorosa, a portamento espanso e molto ramificata.

Ciliegio "Colonnare Sylvia"
12) Ciliegio "Grossa di Pistoia" : selezionata nell'omonima provincia della Toscana, è una varietà di media vigoria e dal portamento tendenzialmente espanso. Il clone è autosterile, mentre la produttività è media, ma costante negli anni. Il frutto, dalla polpa rosa e croccante, è molto grosso e con la buccia color rosso vivo. La maturazione avviene a fine Giugno, collocando questa varietà tra le migliori delle "Tardive".

13) Ciliegio "Colonnare Sylvia" : clone adatto alla coltivazione in piccoli giardini e persino in vaso. Questo perché la pianta ha uno sviluppo limitato ed un portamento colonnare. In piena terra, da adulto e senza potature, non è più alto di 3 metri e non più largo di 70 cm. Le Ciliegie invece sono di pezzatura normale, saporite e croccanti. La cultivar è autofertile e fruttifica anche se isolata.

14) Ciliegio "Progressiflora" : Ok non è un Ciliegio Dolce (ovvero non è la specie Prunus avium), ciò nonostante non potevo non citarlo in quanto davvero particolare. Il Ciliegio Progressiflora (specie Prunus progressiflora) è noto sin da epoche remote e si riconosce subito per il portamento compatto e ricadente, con rami penduli che quasi sfiorano terra. Produce Ciliegie acide (Amarene), di buon sapore (per chi le apprezza). Altra peculiarità unica tra i Ciliegi è la rifiorenza e la scalarità di maturazione. Questa pianta, infatti, fiorisce in primavera, ma continua anche per buona parte dell'estate permettendo di vedere Ciliegie mature e fiori appena sbocciati contemporaneamente sulla stessa pianta, quasi come fosse un Corbezzolo.

Ciliegio "Progressiflora"
Ciliegio "Lapins"
15) Ciliegio "Lapins" : cultivar autofertile, a maturazione tardiva. L'albero ha portamento assurgente, ma scarsamente ramificato. I frutti sono di medio-grosse dimensioni, succose, di buona consistenza e sapore. La particolarità è che il Ciliegio Lapins ha una produzione molto abbondante e le ciliegie formano dei grappoli. La produttività così elevata potrebbe ridurre il calibro delle ciliegie e la vicinanza di molti frutti (nel grappolo) potrebbe favorire attacchi di Monilia. Le Ciliegie di questa varietà sono poco soggette al fenomeno dello spacco. 

Spero di aver fatto un po' di chiarezza ed aver aiutato a districarsi nella scelta varietale coloro che si accingono a piantare un Albero di Ciliegie.

domenica 18 dicembre 2022

Piombaggine (Plumbago auriculata), un Rampicante per i Climi Caldi - Coltivazione e Cure

I fiori azzurri non sono tra i più comuni nel Regno Vegetale e, forse anche per questo, il Plumbago (Plumbago auriculata) non passa mai inosservato nei cortili e nei giardini italiani.

Plumbago è in realtà un genere, appartenente alla famiglia delle Plumbaginaceae, che racchiude al proprio interno una ventina di specie che prosperano in climi cha vanno dal tropicale, sino al temperato caldo.

Alcune delle specie di Plumbago : 

  • Plumbago pulchella : specie cespugliosa endemica del Messico, dove viene usata come pianta medicinale, soprattutto in ambito veterinario. 
  • Plumbago wissii : specie rara che si trova esclusivamente in alcune aree rocciose della Namibia settentrionale. Produce fiori color rosa-lilla.
  • Plumbago indica : originario del Sud-Est asiatico (Filippine, Indonesia etc.) è una delle specie più sensibili al freddo e muore con temperature inferiori ai 10° C (50° F). Ha portamento cespuglioso e produce fiori arancioni, dalla forma tipica del genere.
  • Plumbago zeylanica : specie erbacea dal portamento prostrato originaria delle zone subtropicali dall'India, sino all'Australia. Produce fiori bianchi.
  • Plumbago europaea : specie nativa del bacino Mediterranea, la si trova spontanea (ma molto localizzata) anche in Italia dove forma cespugli non più alti di 1 metro (3.3 ft). I fiori sono di color rosa violaceo e la fioritura, in Sardegna, avviene tra Agosto e Settembre.
  • Plumbago auriculata : nativo del Sud-Africa è la specie più diffusa a livello ornamentale, nonché quella discussa approfonditamente in questo articolo.
Plumbago auriculata

Botanica e Fisiologia :

Plumbago auriculata è una specie sempreverde di natura rampicante che, nelle zone d'origine (Sud Africa), riesce a raggiungere anche i 6 metri (20 ft) di altezza. Se coltivata in Italia come pianta ornamentale si mantiene di norma più piccola e, con opportune potature, la si può crescere a forma arbustiva, con tralci ricadenti. Gli steli sono sottili, ma numerosi e flessibili, rendendo la pianta adatta alla formazione di siepi che coprano recinzioni, ovviamente solo laddove il clima (vedi più avanti) ne permetta la coltivazione all'aperto tutto l'anno. 

Foglie Plumbago auriculata
Le foglie della Piombaggine Blu sono lucide, di color verde chiaro, di forma ovale e non più lunghe di 5 centimetri (2 in). La pianta è vigorosa e le foglie tendono a disporsi a raggiera, dando l'impressione che siano molto folte. Il verde brillante è intervallato dal colore azzurro-bluastro dei fiori. Essi sono formati da cinque petali che, a seconda della varietà, possono assumere diverse tonalità di azzurro, talvolta con sfumature violastre. Esiste anche una varietà (P. auriculata var. alba) a fiori bianchi. I numerosi fiori sono disposti in un'infiorescenza ombrelliforme, che potrebbe vagamente ricordare la forma di un'infiorescenza di Ortensia. I fiori sono molto visitati dalle farfalle che provvedono all'impollinazione.

Le radici sono piuttosto superficiali e la specie non produce né radici avventizie, né viticci con cui aggrapparsi ai supporti. 

Una curiosità, sebbene di aspetto ben diverso, si ritiene che il Plumbago odierno sia molto simile all'antenato da cui poi si sono evolute molte specie di piante carnivore presenti ai giorni nostri. Non è un caso che i fiori di questa pianta siano visitati più dalle mosche, che dalle api.

Fiori Plumbago auriculata

Coltivazione e Cure :

Plumbago auriculata, tra i vari nomi noto anche come Gelsomino Azzurro, è una pianta che predilige climi che vanno dal tropicale al temperato caldo, esenti da gelate. Esso può essere coltivato sia in pieno Sole, sia a mezz'ombra, fiorendo copiosamente in entrambe le condizioni, mentre se coltivato tutto il giorno all'ombra il numero dei fiori prodotti si riduce. 

Il Plumbago gradisce un terreno soffice, fertile, drenante, ma che si mantenga umido, tuttavia piante coltivate in piena terra e ben affrancate hanno una media resistenza alla siccità

Questa pianta fiorifera, grazie anche all'apparato radicale relativamente compatto, si coltiva facilmente anche in grossi vasi; ovviamente in tale condizione le innaffiature estive dovranno essere più frequenti rispetto a piante coltivate in piena terra.

Vegetazione
La coltivazione in vaso consente lo sviluppo del Plumbago anche nelle zone fredde del Nord Italia, dove il gelo intenso non ne permetterebbe la sopravvivenza all'esterno. Queste specie è infatti sensibile al gelo e si deve mettere in serra o proteggere, quando le temperature scendono sotto gli 0° C (32° F). Anche pochi gradi sotto zero bruciano le foglie, tuttavia le radici ed i fusti sono più resistenti e, qualora le gelate non siano state troppo intense (non oltre -4° C o 25° F), in primavera ributteranno copiosamente, riformando velocemente l'intera chioma. 

La potatura può essere molto energica, senza che questo comprometta la fioritura dell'annata successiva, anche perché i fiori vengono prodotti sul nuovo legno. La fioritura è prolungata e scalare, tanto che, in Italia, può durare dalla fine della primavera, sino ai primi freddi autunnali (maggio-ottobre), mentre in zone tropicali può anche essere continuativa (per tutti i mesi dell'anno). 

La specie è rustica e poco incline ad attacchi massicci da parte di patogeni di natura virale o insetti. Per questo non viene trattata con anticrittogamici. Talvolta può capitare che in nuovi germogli vengano infestati dagli afidi, tuttavia di norma il problema è circoscritto e si risolve da solo senza compromettere né la fioritura, né lo sviluppo.

Plumbago auriculata si riproduce tranquillamente per semina, ma a livello vivaistico è di norma moltiplicata tramite talea, da effettuarsi nel periodo estivo. Quest'ultimo metodo di propagazione permette di mantenere l'esatta cultivar, oltre a consentire un'immediata messa a fiore. 

Il Plumbago si può coltivare tranquillamente all'aperto nelle zone costiere del Centro-Sud Italia (ma anche in Liguria), dove richiede solo di essere bagnato nei periodi più aridi. Nelle zone più calde del Sud Italia sarebbe da preferire una posizione leggermente meno soleggiata rispetto a quella che gli si dovrebbe riservare al Centro-Nord Italia. Nel settentrione si può coltivare all'aperto solo nei microclimi più miti, come alcuni angoli molto riparati del Lago Maggiore; tuttavia anche qui solo durante gli inverni più miti potrà mantenere la chioma, mentre negli altri ripartirà dalle radici, morendo del tutto con cadenza decennale (che magari, con i cambiamenti climatici, si estenderà).

Altrove si coltiva in vaso, da collocare in veranda durante l'inverno. La condizione di crescita in vaso è comunque ben tollerata e lo sviluppo sarà soddisfacentemente buono. Durante la coltivazione in vaso si dovrà però prestare maggior attenzione alla concimazione, dato che il terreno tenderà ad impoverirsi molto più rapidamente rispetto ad un suolo erboso.

Una pianta molto fiorifera ed elegante che, da ora in poi, saprete riconoscere.

Cespuglio Plumbago auriculata